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Orundis, il Sempreverde

  Orundis era il dio della natura e della sua custodia da parte degli emberek. Il Sempreverde sentiva e ragionava col ritmo senza tempo delle stagioni, incomprensibile a tutti se non ai più illuminati dei suoi fedeli, e la sua missione era preservare la natura e il suo delicato ordine, insegnando agli emberek a essere partecipi e custodi di quell’ordine.   Orundis è stato sempre identificato col ciclo delle stagioni, che esemplificano a loro modo la vita di ogni mortale: dalla forza vitale della giovinezza a primavera, allo splendore e maturità dell’estate, alla serena decadenza dell’autunno, fino al freddo e al silenzio della morte in inverno. Agli emberek spetta osservare e rispettare ciò che non segue lo stesso corso affidato a loro come individui, ma che al volgere della primavera torna a vivere dalla morte, e ciò che è talmente forte da resistere alla morte stessa e che continua a verdeggiare anche sotto la neve, come gli alberi da cui il Sempreverde prendeva il nome.   Orundis incoraggiava gli emberek a rispettare la vita in ogni sua forma: dall’umile seme che attende la primavera sotto il terreno, al forte abete, dalle creature longeve come testuggini, alberi ed elfi, a quelle dalla vita effimera e breve che vivono solo una stagione o addirittura pochi giorni. Tutti prendono parte dell’ordine naturale, tutti sono importanti nel grande e infinitamente complesso equilibrio della vita. Orundis apprezzava anche le capacità di sopravvivenza e di resistenza a condizioni avverse, e istruiva i suoi fedeli a migliorarsi attraverso l’adattamento alle circostanze naturali. Dalla conoscenza e dal rispetto della natura si può trarre la garanzia per una vita prospera e bilanciata in un dato territorio, senza mai danneggiare esso né le altre creature che ne dipendono.   Con la morte di Orundis, Hajman si è chiaramente trovata senza il suo equilibrio di un tempo, e non solo per via della furia di Xaran’thur, in lutto per suo fratello, ma per lo spezzarsi di qualcosa di fondamentale nel rapporto di custodia degli emberek e di collaborazione con le forze della natura. Comunità che hanno prosperato per millenni in armonia con la terra, cacciando e raccogliendo solo il necessario, hanno patito la fame. Il sapere e la forza dei druidi sono come appassiti. Al ritorno della primavera, sempre meno piante rifiorivano, sempre meno animali tornavano dal letargo.   L’ampio portfolio di Orundis è in parte passato ad altre divinità: a Nikosh la natura addomesticata, di cui però gli emberek sono signori anziché semplici custodi, tramutando le foreste in frutteti e le campagne in campi arati; e a Xaran’thur la natura libera e selvaggia, che non cerca più la protezione degli emberek, ma semmai la protezione contro di essi, sotto l’irriducibile forza naturale delle fiere dell’Ur-Kraken.  

Luoghi di culto

Orundis non ha mai chiesto esplicitamente l’erezione di edifici per la sua venerazione, rimanendo essa legata a boschi sacri e circoli druidici. Semplici pietre o steli decorate col suo simbolo segnavano l’ingresso nelle aree consacrate al Sempreverde, e continuano a farlo anche oggi pur nel loro stato di abbandono. Sarebbe tuttavia errato dire che non esistano templi di Orundis: in ogni circolo druidico ve n’era uno, e pare che ne esistessero anche in varie città dove si dava particolare valore a attività quali pesca e raccolta di frutta selvatica, dove il Sempreverde insegnava il metodo per procacciarsi il necessario senza destabilizzare l’equilibrio naturale. In quei luoghi vi sono templi in pietra scolpita e decorata per ricordare gli spazi naturali e selvaggi che diedero origine al culto di Orundis.   Un tempo questi templi e circoli druidici erano organizzati tra loro in un complesso sistema di autorità e prestigio spirituale, pur preservando l’indipendenza di ognuno di essi, ma oggi la pratica è caduta in sostanziale disuso, e in pochi possono dire quale bosco sacro, quale circolo druidico o quale antico santuario fosse il più importante.  

Discepoli

Con la morte di Orundis si è estinta anche la sua Chiesa. Tutti i suoi chierici e ogni druido sentirono l’impatto della sua caduta. La Rovina pose la pietra tombale su una comunità confusa, ferita e già in disgregazione. Tuttavia non pochi dei circoli druidici originali permangono: pur avendo perso il loro legame con il Sempreverde, continuano una missione sacra di custodia e protezione della natura, ispirandosi ancora ai suoi dettami e traendo forza dalla terra stessa in una relazione simbiotica. E, nonostante l’estinzione del suo clero, consegnato alle polveri della storia e della Rovina, talvolta si sente parlare di un chierico ancora in grado di realizzare miracoli in suo nome, forse con la sola forza di una fede che, come la natura stessa, supera l’assurdità della morte al volgere della primavera.  

Riti e festività

Nessuno celebra più Orundis, ma alcuni ricordano e piangono la sua scomparsa. Chi lo fa, alza ancora gli antichi inni alla luna nella lingua segreta del suo culto, custodita dai druidi. Infatti, ogni circolo druidico si riunisce in occasione dell’Equinozio di Primavera, il 5 Orundal, per ricordarlo nel suo antico giorno sacro che un tempo era chiamato il Trionfo del Sempreverde. Così ciò che rimane dei suoi fedeli ricorda anche sia quel che è stato perso con la sua morte, sia quel che si è potuto conservare nonostante essa.  

Comandamenti:

  • Vivi al ritmo della natura: rispetta e comprendi l’ordine naturale del mondo.
  • Rispetta e proteggi la vita in ogni sua forma.
  • Accetta con gioia il ruolo di custode della natura e vivi in simbiosi con essa.
  • Considera tutto ciò che vive come tuo fratello.
  • Prendi liberamente dalla natura, ma con parsimonia e solo ciò di cui ha necessità per te stesso.
  • Celebra la forza della natura e riconosci di essere parte di essa.
  • Celebra il cambio delle stagioni e studia il loro eterno ciclo.
  • Abbi l’umiltà e la saggezza per adattarti alle circostanze e per sopravvivere alle avversità.

Anatema:

  • Uccidere per futili motivi.
  • Violare il perimetro dei boschi sacri di Orundis.
  • Vedere la natura come risorsa da sfruttare.
  • Distruggere ambienti naturali.
  • Causare l’estinzione o la migrazione di una popolazione, sia essa vegetale, animale o umana.

Colui che porta la Primavera

Antica storia druidica
Un giorno, Orundis era seduto su un muro, a guardare un gatto che giocava al sole primaverile. Una lanterna spenta, appesa a un albero vicino, aveva frammentato un raggio di sole e sparso piccoli frammenti di luce sul terreno. I raggi di luce ballavano intorno al gatto, scivolando sopra di lui mentre li picchiava freneticamente. Si girò sul posto, seguendone uno che si precipitava oltre lui, e vi saltò sopra, cercando di inchiodarlo. Orundis sorrise, divertito dalla tenacia dell'animale. Il gatto atterrò in un punto, battendo la zampa sul lumicino solo per guardarlo volare via di nuovo. Orundis guardò la coda del gatto contrarsi e schiaffeggiarsi a terra, seccato dal fatto che la sua preda non potesse essere bloccata.   "Perché devi prenderlo in giro?" disse una voce alle sue spalle, accompagnata dallo scricchiolio degli stivali sulla ghiaia.   "Io porto semplicemente la primavera", rispose Orundis. "Non alimento il cuore del cacciatore. Questa è la tua responsabilità, non è vero?"   "Vero", disse una seconda voce, "ma nemmeno tu lo reprimi. Se il cacciatore non potesse vedere la sua preda, caccerebbe comunque?"   "Così filosofico, Xaran’thur", disse Orundis e si voltò per salutare i due dei che gli si avvicinarono. "Sei venuto a discutere la connessione tra vista e desiderio?" Indicò il muro, invitando Xaran’thur e Verkadia a unirsi a lui. Si sedettero in silenzio, osservando il gatto che continuava a cacciare il sole, schiacciando inutilmente un altro granello di sole e poi rotolandosi sulla schiena.   "Ho creato la preda definitiva", disse infine Orundis, rompendo il silenzio. "Può essere rintracciato. Può essere seguito. Può essere visto. Ma non può mai essere catturato". Verkadia rise leggermente. "Non sei d'accordo, Verkadia?" chiese Orundis.   "Sebbene sia vero che la tua creazione è sfuggente, difficilmente può essere considerata la preda definitiva, perché non può mai essere catturata." Si fermò, la fronte aggrottata nei suoi pensieri. "Se quel granello di luce avesse sostanza, il cacciatore potrebbe soggiogarla. Altrimenti, è solo un sogno, davvero un'impresa infruttuosa."   "Tutte i mortali passano la vita a inseguire sforzi infruttuosi", disse Xaran’thur. "È la via dell’emberek che Adomal gli ha insegnato". Verkadia rise di nuovo.   "Potrei creare una creatura - una creatura vivente in carne e ossa - che non potrebbe mai essere catturata. Rendendo il tuo sogno una realtà". Ora fu il turno di Orundis di ridere.   "Proponi di trasformare un sogno infruttuoso in una realtà infruttuosa! Dove sarebbe il miglioramento?"   "Una vita spesa nel perseguimento di un obiettivo raggiungibile supera di gran lunga qualsiasi altra" replicò Verkadia.   "Ma hai appena detto che nessuno può catturare questa creatura. Questo non è raggiungibile!"   Verkadia sorrise. "Gli emberek ci hanno sorpresi in passato. Anzi, potrebbero sorprenderci ancora. In tuo onore, creerò un grande cervo bianco, a te sacro, e lo renderò libero nel mondo. Avrà grazia, resilienza e tenacia. Esisterà esclusivamente per essere inseguito per tutti i suoi giorni e non sarà mai catturato. Servirà a ispirare la caccia per le generazioni a venire. Tutti coloro che desiderano la gloria invocheranno il mio nome. Tutti coloro che ascolteranno la sua storia chiederanno la mia benedizione per trovarlo".   Xaran’thur scosse l’immensa testa e guardò Verkadia quasi con commiserazione. "Non credo che ciò sia possibile. Quindi anche io faccio un'offerta. Condurrò il cervo inafferrabile sui cammini più lontani e perigliosi che mortale abbia mai solcato. Mistero e rischio saranno i soli compagni di qualsiasi gruppo di cacciatori. Nessuno la catturerà mai, ma a chi riuscirà a vederlo, inseguirlo e rimanere in vita, io conferirò un briciolo della forza, della tenacia e della conoscenza dell’Ur-Kraken. Così chi pedinerà il Grande Cervo Bianco, sacro a Orundis, invocherà il mio nome, e implorerà la mia benedizione, finché non comprenderanno la futilità della loro impresa".   Verkadia e Xaran’thur iniziarono a discutere di chi sarebbe stato invocato di più durante la caccia. Orundis sospirò, un piccolo sorriso che giocava ai bordi della sua bocca. Si alzò e guardò il cielo. Il sole aveva già cominciato a nascondersi dietro le montagne. Il gatto, stanco da tempo dell'inseguimento dei raggi di luce, si era addormentato sotto l'albero. Si voltò e guardò gli altri dei, immerso nel dibattito, e sospirò di nuovo.   "Io porto semplicemente la primavera", ripeté mentre si avviava lungo il sentiero, "sta a voi vedere cosa porterà".
Domini principali: Nature, Life, Moon.
Rappresentazione: un uomo molto vecchio con un bastone nodoso in mano, accompagnato da animali, al cui passaggio la natura fiorisce; alternativamente, un enorme albero con il volto di un uomo anziano.
Simbolo sacro: spirale azzurra inscritta in una foglia.
Animale sacro: cervo.
Pianta sacra: salice piangente.
Children

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