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Saliria, l’Orologiaia

  Saliria è la dea del tempo e la creatrice dei modroni. Dalla sua Torre dell’Orologio posta ai confini del piano astrale, Saliria dipana la trama del tempo e la fa scorrere senza increspature su ogni angolo dell’universo e si assicura che non venga mai rotta, poiché si dice che dalla sua resistenza e integrità dipenda l'esistenza di ogni cosa. Saliria è nel tempo, ma non del tempo: passato e futuro sono per lei come destra e sinistra. Quale che sia la ragione, Saliria è rispettata da ogni altro dio, ed è l’unica, oltre a Xelara e a Sildrimar, ad aver mai ricevuto l’appellativo onorifico di “madre” dagli altri dei, pur non avendo mai tenuto la Corona Celeste.

Saliria non apprezza la cronomanzia, pur avendo rispetto di coloro che la studiano e la applicano con saggezza, ma la tollera solo finché questa rimane circoscritta in maniera tale da non danneggiare la trama temporale: Saliria infatti l’ha tessuta per essere resistente e flessibile, tollerando pressioni e stiramenti, ma non è comunque indistruttibile: qualora venisse danneggiata, interviene, personalmente o attraverso i suoi modroni, per ripararla e per punire i responsabili. Cosa accadrebbe se il tempo venisse danneggiato in maniera sostanziale, è una conoscenza ad oggi ignota agli emberek, ed è uno dei segreti meglio custoditi di Saliria e degli dei in generale.   Contrariamente alle altre divinità, Saliria preferisce costruirsi i suoi servitori da sola, anziché ricorrere al lavoro di Zunos. I suoi modroni sono il parto della sua stessa mente, senza bisogno di infondere alcuna anima mortale, ispirati e coerenti al suo ideale di perfezione meccanica ed efficienza operativa. Pur non essendo particolarmente seguita, né desiderandolo particolarmente, per la natura distante del suo dominio e del suo carattere, talvolta Saliria sceglie comunque alcune anime devote dall’Ossario per unirsi a lei come ingegneri, meccanici, disegnatori e inventori, purché abbiano dimostrato in vita l’ingegno, la precisione e la creatività necessarie ad attirare l’attenzione di Saliria. Infatti, benché consideri le anime mortali grossolane, imprecise e inadeguate per essere la base di un ordine matematico perfetto, Saliria può comunque apprezzarne la creatività, l’intuito e l’ingegno per aiutarsi nella sua opera.

Luoghi di culto

Esistono pochissimi templi di Saliria, ma tutti paiono consistere in costruzioni labirintiche in cui solo una mente già studiata potrebbe riuscire a orientarsi, essendo le strutture tortuose, ripetitive, e le indicazioni espresse in formule matematiche e simboli tecnici.  

Discepoli

Coloro che praticano la magia del tempo spesso la pregano per ottenere la sua tolleranza o intercessione nel corso dei loro incantesimi, cercando di placare e rassicurare la dea del tempo prima di azzardarsi a intervenire nella sua creazione. Meccanici di ogni tipo, e orologiai in testa, sono naturalmente portati alla devozione verso Saliria, che considerano una fonte di ispirazione, come anche gli inventori e artefici di ogni sorta. La creazione di un golem o di una qualsiasi forma di vita meccanica e priva di anima originaria è considerata un traguardo fondamentale nell’emulare l’Orologiaia.   I suoi templi, spesso nascosti alle masse più per amor di pace che per effettiva segretezza, sono popolati da artefici e chierici intenti a studiare le opere tecnologiche di Saliria e a cercare di imitarle o migliorarle nel Piano Materiale, ma sanno che se un giorno Saliria dovesse chiamarli a intervenire a protezione del continuum temporale dovranno rispondere immediatamente e con obbedienza. Una complessa gerarchia, più simile a una diagramma di flusso che a una piramide, li collega tutti in una rete di rapporti impercettibili all’occhio esterno, permettendo alla minuscola chiesa di Saliria di attuare piani e progetti nel corso dei secoli e con un dispendio minimo di energie. Nonostante l’ordine imposto dall’etica di Saliria, questa non coinvolge gran parte dei costumi personali degli emberek, rendendo così lecita ogni sorta di comportamento libertino. Ciononostante, le voci di rituali orgiastici talvolta diffuse da persone ignoranti sono decisamente quanto di più di lontano ci sia dalla vita comunitaria nei monasteri-laboratori di Saliria, dove la ritualità corrisponde a un’attività ben sincronizzata di lavoro, svago, meditazione e riposo.  

Riti e festività

La festività più importante di Saliria è il suo Apogeo, il 12 Salius, in cui la costellazione dell’Orologio è visibile nel firmamento. È considerato un giorno di riposo e meditazione, in cui rendere grazie a Saliria per il dono del tempo. Anche il capodanno è una festa sacra per Saliria, infatti i suoi devoti la considerano ben più sacra dell’Apogeo, nonostante per gran parte degli emberek sia diventata una celebrazione civile più che religiosa. I fedeli di Saliria svolgono comunque il loro ruolo tradizionale, che è quello di dirigere un tradizionale spettacolo di fuochi artificiali.  

Comandamenti:

  • Comprendi e apprezza la sacralità del tempo e il tuo posto in esso.
  • Sii paziente e affidabile come l’Orologiaia.
  • Nei tuoi impegni e appuntamenti, sii puntuale: apprezza il tuo tempo come quello altrui.
  • La precisione e durabilità di un’opera ben compiuta superano di gran lunga ogni nota di originalità.
  • Rispetta gli inventori e il frutto del loro lavoro anche quando esso non ottiene i risultati sperati: creature imperfette hanno bisogno di tentativi imperfetti per giungere alla perfezione.
  • Ammira e apprezza orologiai, idraulici e meccanici di ogni tipo e con essi il loro lavoro.
  • Sincronizzati al tempo di Saliria: costruisci od ottieni un orologio e consultalo spesso.
 

Anatema:

  • Spezzare o alterare la trama del tempo.
  • Tollerare che la trama del tempo venga danneggiata.
  • Distruggere o corrompere un modrone.
  • Distruggere un orologio.
  • Sabotare un macchinario senza comprenderlo.
  • Maltrattare un orologiaio.
 

L’emberek meccanico

Da “Leggende di ere dimenticate” a cura di Malina Darthel

Un giorno, molti millenni or sono, Zunos e Saliria si trovarono a discutere delle rispettive opere e di chi tra loro producesse i risultati più impressionanti.
“Certamente,” disse Saliria, “i miei costrutti sono superiori a qualsiasi tua creazione. Non sono forgiati dalle anime, eppure vivono, e alcuni hanno intelligenza paragonabile ai mortali. Inoltre sono identici e impeccabili, mai sporcati dall’imperfezione del piano materiale.”
Zunos rise. “Certo, i tuoi servitori sono perfetti ed efficienti, non lo nego, ma a quale costo? Mancano di individualità, passione e creatività. Certamente simili qualità valgono più di qualsiasi perfezione tu ricerchi.”
“E a cosa dovrebbero servirmi queste supposte qualità? Nulla di questo mi è utile. Ammiro gli Emberek che tentano di ricreare il mio lavoro, ma la carne è per sua natura fallibile e destinata a perire. L’anima non può che esserne corrotta e divenire irrazionale. E d’altronde, se volessi creature capaci di creatività e pensiero originale, potrei crearle io stessa, senza bisogno di sottostare alle costrizioni della materia biologica.”
“Pensi dunque,” la incalzò Zunos, “che la vita di metallo e pura magia non possa essere toccata dalle passioni dell’esistenza terrena? Pensi sia la carne dei mortali a renderli deboli e corrotti ai tuoi occhi? E pensi di poter davvero suscitare reale creatività e originalità in un essere non minacciato dalla malattia né dalla morte?”
“Certo che sì.”
“Ti propongo una sfida, allora. Dai vita ad un uomo di metallo e ponilo tra gli umani. Se hai ragione, egli rimarrà perfettamente razionale, pur possedendo indole creativa. Se io ho ragione, non sarà che una pallida imitazione degli emberek.”
“Così sia, accetterò la tua sfida,” acconsentì la dea. “Conosco un inventore di straordinaria abilità, mio seguace, i cui meccanismi a orologeria quasi rivaleggiano con i miei. Non avendo una famiglia, egli ha desiderato invano e a lungo di conferire vera senzienza alle sue creazioni per colmare la sua solitudine. Accontentiamolo e vediamo cosa avverrà."   Così, Saliria e Zunos si recarono nella bottega del vecchio inventore e Saliria perfezionò e donò la vita a uno dei suoi golem, una creatura a orologeria della stazza di un umano, il cui meccanismo era così intricato da consentirgli di compiere ogni movimento possibile ad un umanoide. Il costrutto era in grado di parlare e di apprendere, ma ignorava quasi tutto del funzionamento del mondo, come un bambino che abbia appena imparato a camminare e parlare.
L’anziano inventore esultò di gioia e lodò Saliria quando scoprì il miracolo che era avvenuto e decise che avrebbe guidato e istruito il golem come un figlio.   Egli provò anche a mostrare la creatura ai suoi concittadini. Inizialmente tutti ne erano entusiasti e affascinati, ma, più la creatura parlava, più essi venivano colti da timore e diffidenza: il golem parlava e si muoveva come un emberek, eppure i suoi occhi erano vitrei e privi di espressione e la sua voce priva di emozione. Appariva loro come la grottesca imitazione di un emberek e ne ebbero paura. La creatura, non conoscendo la paura, non ne comprendeva il motivo.   Così, tornò nel laboratorio con il vecchio artefice, il quale lo istruì come apprendista e gli insegnò tutto ciò che sapeva.
Il costrutto era curioso e brillante e imparò ogni nozione che gli fosse proposta, rivelandosi ancora più abile del padre nella creazione di marchingegni e automi. Tuttavia, era una macchina, e dunque non poteva sentire dolore, né aveva un cuore pulsante o polmoni da riempire d’aria: non poteva sentire né ansia né eccitazione, né gioia né tristezza, per quanto gli venissero descritti e spiegati e per quanto egli si sforzasse di comprendere gli emberek.   Dopo alcuni anni, l’inventore, ormai molto anziano, morì, lasciando solo il golem. Quest’ultimo non aveva mai conosciuto il lutto e la perdita, ma sapeva cosa fosse la morte e comprendeva di essere rimasto solo. Portò suo padre ai chierici di Zothrak per i riti funebri, ma nessuno venne a piangere la morte del vecchio inventore, che era sempre stato un uomo isolato e lo era diventato ancora di più a causa del figlio. Il golem lo ritenne ingiusto, quindi tornò alla bottega, raccolse tutti i libri che conosceva sull’anatomia e sulle emozioni emberek, e lavorò alacremente per giorni, finché non riuscì a costruirsi un paio di occhi capaci di piangere. Allora egli tornò alla tomba del padre e pianse per la sua morte, perché l’artefice era stato un uomo buono e gentile e il golem l’avrebbe voluto ancora con sé.   Così, il costrutto comprese l’amore e il dolore.   Poiché si sentiva molto solo e la gente del villaggio ancora lo temeva, cercò di costruirsi un compagno, ma non fu capace di replicare il miracolo della sua nascita. Quel fallimento gli parve un’occasione molto triste, e dunque gli dedicò altre lacrime.   Un giorno, mentre camminava per il villaggio, alcuni ragazzini iniziarono a chiamarlo mostro e a lanciargli dei sassi. Non potendo percepire la sofferenza fisica né il pericolo, non reagì abbastanza in fretta e venne danneggiato. Ciò gli parve problematico, poiché suo padre non avrebbe più potuto aggiustarlo né proteggerlo. Così, dopo aver riparato i danni, si mise nuovamente al lavoro. Per giorni si recò nel bosco e osservò come gli animali rispondevano al pericolo, per poi creare un sistema che lo avvertisse delle minacce e dei danni subiti, e che migliorasse i suoi tempi di reazione in situazioni di allerta.   Così il costrutto comprese la paura.   “Ecco perché gli emberek sono tanto nervosi attorno a me,” si disse, “non mi conoscono e quindi hanno paura, come il coniglio che fugge al suono di un ramo spezzato senza perdere tempo ad accertarsi se sia stata opera di un predatore.”   Il golem decise che avrebbe iniziato a viaggiare per il mondo, per incontrare persone nuove e imparare di più sugli emberek. Se si fosse fatto conoscere, ora che provava il loro dolore e la loro paura, di certo prima o poi avrebbe incontrato qualcuno che, come suo padre, l’avrebbe accettato. Forse, si disse, un giorno avrebbe incontrato un suo simile.   Così, la creatura si mise in viaggio. Per secoli percorse l’intero territorio di Hajman in cerca di compagnia.
Egli visse numerose avventure, troppe per raccontarle in questa sede, e quei viaggi lo cambiarono ad ogni nuova esperienza. Molti emberek tentarono di scacciarlo, aggredirlo, catturarlo e persino smontarlo, ma ve ne furono altri che vollero ascoltare la sua storia e offrirgli la loro amicizia e il loro aiuto. Da ciascuno di questi incontri il costrutto imparò qualcosa e, per adattarsi a ciò che aveva imparato, modificò il suo corpo per ampliare le sue possibilità di esperienza. Aveva imparato la gioia, la rabbia, la sorpresa, la meraviglia… e dunque il ritmo dei suoi meccanismi doveva cambiare e farsi mutevole come il battito di un cuore. Ad ogni nuova modifica, il Golem diveniva sempre più diverso dalla sua forma iniziale. E attraverso queste sensazioni nuove la creatura comprendeva quelle altrui.   Inizialmente, la creatura fu entusiasta delle sue avventure, ma, più i secoli passavano, più soffriva per la morte degli amici che incontrava. Come suo padre, ogni mortale che incontrava era destinato a morire prima di lui, che — finché poteva essere riparato — non sembrava risentire degli anni. Inoltre, come allora, ancora non era in grado di creare un suo simile con cui condividere la sua lunga vita.   Così il costrutto si recò presso i chierici di Zothrak e chiese loro se potesse morire e che ne sarebbe stato di lui dopo la morte, ma questi risposero che non lo sapevano, non sapevano nemmeno se la creatura fosse un emberek né se avesse un’anima.   Frustrato, egli pose la stessa domanda a vari chierici, studiosi e saggi, ma nessuno gli seppe rispondere, né ricevette dagli dei alcun segno.   Infine, si recò ad un tempio di Saliria e le si rivolse personalmente: “Potente Orologiaia, mio padre mi disse che siete stata voi a darmi la vita, eppure in tanti secoli non ho mai ricevuto una sola parola da voi. Perché dunque mi avete creato se poi mi ignorate e mi abbandonate alla solitudine? Se non volete porre fine alla mia sofferenza, almeno concedetemi di diventare un emberek, cosicché io possa almeno morire sapendo di avere un’anima che potrà riposare”.   Fu allora che Zunos e Saliria si manifestarono davanti a lui.
“Ma non lo vedi?” gli disse Zunos. “Tu sei già un emberek, anche se io stesso non lo credevo possibile. E se vorrai ci sarà un posto per te nella mia forgia”.
Saliria scosse il capo. “No,” ribatté. “È una mia responsabilità.
Ammetto di aver sbagliato e di non aver immaginato che avrei causato sofferenza. Il piano materiale è un luogo caotico e imprevedibile per me, ma ammiro ciò che sei stato capace di creare in questi secoli, anche se non lo comprendo. Puoi venire con me, alla Torre dell’Orologio, dove mi assicurerò che tu non sia mai più solo”.   Così, Saliria prese per mano il costrutto e lo condusse presso il suo regno, dove chiamò a sé anche l’anima di suo padre, così da tenerli uniti nella morte.
Si narra che fu da quel momento che Saliria iniziò ad ammettere le anime di alcuni emberek nel suo regno, poiché, se persino una sua creatura era stata plasmata dalla vita sul piano materiale, allora quegli emberek che si dedicavano a un cammino di perfezione e progresso meritavano certamente la sua considerazione.
Domini principali: Order, Forge
Rappresentazione: le poche volte che viene descritta, Saliria appare come tre donne di diversa età, come una figura androgina dall’età imperscrutabile, o come una creatura di metallo ed etere collegata a un vasto mondo meccanico invisibile all’occhio mortale.
Simbolo sacro: clessidra su una ruota meccanica
Animale sacro: tartaruga
Pianta sacra: dattero
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