Act 5/6: Asperios the Shapeshifter
General Summary
Quando la lama della scimitarra affondò il filo sulla sua carne viva, strappando leggermente le sue vesti, Finch riuscì a malapena ad evitare un colpo mortale, rotolando rapidamente sul suo fianco destro. Erano anni che qualcuno non provava a sorprenderlo nel sonno, e non era più abituato a ricevere visite indesiderate nel pieno della notte. Immediatamente, balzò a terra ai piedi del letto, evitando un secondo affondo, questa volta diretto al suo volto: davanti a sè, il suo aguzzino, un uomo avvolto in un mantello nero e un bavero rosso a coprire parte del viso, dai lineamenti inequivocabilmente mezzosangue orcheschi. "Di nuovo quei mezzorchi", pensò Finch infastidito, mentre la rabbia gli montava in corpo. "Nessuno osa attaccare il Diavolo del Bordo durante il suo meritato riposo", aggiunse a sè stesso, rendendosi immediatamente conto di aver cominciato egli stesso ad utilizzare quel nomignolo più di quanto avrebbe mai pensato. Così, in un ghigno, dovuto in parte alla sua furia, e in buona parte alla sua spavalderia, Finch protese dapprima le mani, incendiando il suo nemico e le rosse tende della finestra dietro di lui con le fiamme dell'inferno stesso, per poi scattare improvvisamente, balzando con agilità sul letto davanti a sé. In un battito di ciglia, con entrambe le mani a stringere il manico dello stocco rivolto verso il basso, saltò di nuovo, atterando con forza sopra il suo avversario, mentre la punta dello stocco scivolava lentamente nel teschio del mezzorco, alla base del naso, tra un occhio e l'altro. Il mezzorco immobile, investito da tanta ailità, rimase lì a guardare inerme, la vita che gli scivolava via.
Hroan e Raidan, invece, ebbero percezione immediata del pericolo in agguato, e quando il primo mezzorco avvolto nel mantello si affacciò all'interno della loro stanza, dalla finestra del primo piano del Dado Saltellante, ad accoglierlo fu il letale e gelido tocco della mano destra di Hroan, chiusa sul suo volto: per un attimo la mano del dovahren emise una strana energia, un'aura spettrale dalle sembianze di un arto magico ma apparentemente intangibile. Il mezzorco, stretto nella morsa di un incantesimo che Raidan non aveva mai visto eseguire, si spense rapidamente, gli occhi piccoli già socchiusi, ora all'indietro, completamente prosciugati della loro linfa vitale. Dietro di lui un secondo mezzorco, si avventò minaccioso, ma nemmeno potè fare un passo che una pioggia di lame cominciò a sferzarlo ripetutamente. Raidan, che dietro di Hroan comandava quella danza "affilata", agitava le mani disegnando traiettorie nell'aria, cercando i punti deboli tra le carni più fragili del secondo aguzzino. Quando le piccole daghe smisero di banchettare della loro vittima, del mezzorco era rimasto veramente pochissimo, e ciò che era rimasto, adesso ansimava, pesantemente vicino alla morte. Hroan, in preda alla furia, prese il mezzorco per il bavero con la mano sinistra e lo tirò su, I muscoli tesi a sorreggere il peso, lo sguardo torvo, quasi assente, deciso nell'idea di trafiggere l'uomo con la mano destra, sapientemente e magicamente permeata di piccole schegge di ghiaccio. Hroan sembrava inarrestabile, completamente in trance. Quando Raidan lo interruppe, con una mano sulla spalla sinistra, il dovahren ci mise un pò a frenare gli istinti: Raidan non l'aveva mai visto così, e dallo sguardo colpevole che assunse Hroan subito dopo aver ripreso coscienza, il mezzelfo capi come quella non fosse la prima volta in cui l'uomo perdeva il controllo. Appena il giovane mezzelfo tentò di parlare con l'assassino in fin di vita, cercando risposte alle sue domande, l'uomo gli rispose sputandogli in faccia la sua ira, e qualche goccia di sangue. Raidan a quel punto tese la mano destra di fronte a se stesso, minaccioso, e guardando negli occhi il suo aguzzino, restio a qualsiasi tipo di accordo, completò ciò che aveva iniziato, incenerendo il mezzorco con una potente fiammata.
Erdan non aveva ancora chiuso occhio, preso dai pensieri sugli eventi in corso, quando l'uomo col mantello si intrufolò dalla finestra della sua stanza. Sdraiato sul letto, finse di essere rimasto in preda al sonno, e appena l'assassino si avvicinò per colpirlo mortalmente al petto, raggiunse con la mano sinistra la spada al lato del letto, riuscendo, con grande agilità e rapidità, a respingere il colpo del nemico, lama contro lama. In un balzo saltò fuori dal letto, attendendo l'iniziativa del mezzorco di fronte a lui, le braccia lungo i fianchi e la spuda con la punta rivolta a terra. Poi, appena l'assassino fece per aggredirlo ancora con più ferocia, l'elfo indietreggiò prontamente raccogliendo un piccolo tavolo di legno circolare che utilizzò come scudo per bloccare l'avversario. Da li in poi, le loro spade si incrociarono ripetutamente, le scintille del metallo contro il metallo furiose ruggivano a ogni tocco, l'agilità di un Cavaliere Avel'erendur contro quella di un assassino del Kurmundrat. Sembrò di assistere a una danza, frenetica ma al tempo stesso elegante ed aggraziata. Messo spalle alle porta, Erdan riuscì ad evitare, infine, l'ennesimo affondo del nemico, deviandone il colpo verso l'esterno e scoprendone la guardia: con una rapidità degna di un elfo abile con la spada recuperò la sua forma di attacco e affondò la spada nello stomaco esposto del mezzorco di fronte a lui. E mentre il suo nemico si raggomitolava a terra morente, in preda a gorgoglii di sangue e saliva, Erdan aprì di colpo la porta della sua stanza, indietreggiando verso il grande corridio del primo piano.
Nel frattempo JoJo e Zizi, che avevano di buon grado accettato di passare la notte nel fienile affianco alla stalla, per una manciata di monete d'argento, se ne stavano per fatti loro cercando di passare la nottata. Zizi dormiva profondamente, mentre JoJo masticava un ago di pino ad occhi aperti: le abitudini non erano più le stesse, nemmeno per lui e la sua compare, e questo lo innervosiva. Inoltre, quella stessa mattina, dopo i fatti in piazza, il mezzorco giurava di aver visto, per un attimo, la sagoma inequivocabile di una vecchia conoscenza. Qualcuno che avrebbe preferito non ricordare. Qualcuno che gli ricordava momenti, che avrebbe preferito lasciare sepolti. Guardando Zizi, alla sua sinistra, entrambi stesi su un letto di paglia messo insieme alla bene e meglio, JoJo non aveva rimpianti, ma le ferite del suo passato rimanevano, ancora, questioni irrisolte. E fu per questo che fu grato, quando dal primo piano della locanda sopraggiunsero urla e schiamazzi: nulla di inusuale per una locanda, anche se di solito era la sala da pranzo, la zona più vissuta. Ma il piano terra invece sembrava silenzioso, forse quello si, in maniera del tutto innaturale. Fu per questo, che quando udì l'inconfondibile stridio del metallo sul metallo, svegliò immediatamente la piccola goblin al suo fianco, raccogliendo le sue cose e incoraggiandola ad andare in perluazione insieme. Zizi d'altro canto non aveva voglia di stare a perdere tempo, voleva soltanto occupare buona parte delle ore che li separavano dall'ennesimo viaggio a cavallo, con del meritato riposo. La piccola goblin, mentre si scrollava di dosso le poche ore di sonno accumulate, non ricordava nemmeno perchè continuassero a seguire quel gruppo così maleassortito,,,"Non ne ricaveremo nulla se continuiamo a girare con quegli sfigati", disse sbuffando al suo compare mezzorco. JoJo non la stava ascoltando, preso com'era dai rumori provenienti dal piano superiore della locanda. Quando la coppia mise piede all'interno dell'edificio, dalla porta sul lato della stalla, scorsero due figure ben distinte: una più robusta, braccia tese e una scimitarra imbracciata; l'altra, poco più indietro, slanciata e longilinea, volto nascosto sotto il cappuccio. JoJo conosceva bene, l'uomo con la scimitarra, e da una parte si sentì sollevato: non era pazzo, aveva veramente visto Dag Uruk quella mattina, tra i vicoli della città, ed ora era di nuovo davanti ai suoi occhi, stavolta in piena vista, quasi ad aspettarlo. "Johrak Druxol, il codardo più famoso di tutto l'Andôr...vedo che adesso ti accompagni anche con gli scherzi della natura" disse ridacchiando la robusta figura, mentre puntava la scimitarra di fronte a se, a indicare la sagoma di Zizi. "Dag Uruk, che sorpresa, non ti ho presentato la mia amichetta, Zizi. Ti consiglio di non istigarla, è un caratterino tagliente il suo", minacciò JoJo, mentre la piccola goblin al suo fianco affilava le daghe leccandosi il labbro superiore "... e poi...", aggiunse, "chi mi conosce come Johrak, è morto oppure uno dei tanti nemici. E per il tempo che ti rimane...puoi chiamarmi JoJo!". E improvvisamente, il mezzorco mercenario interruppe la fase di attesa e di scherno, lanciandosi contro Dag di fronte a lui, ascia imbracciata e la furia di un orso. Da lì in poi, ne seguì uno scontro senza esclusione di colpi: Dag continuamente fiancheggiato e minacciato su entrambe i lati, una volta dalla piccola goblin, che sapeva maneggiare abilmente le sue piccole lame, un'altra dall'ascia pesante del rabbioso Jojo. Sfruttando le finestre di occasione che il suo compare riusciva a concederle, fronteggiando in prima battuta il nemico, Zizi riusci più di una volta ad affilare le proprie spade sui rivestimenti in pelle borchiata marrone scuro del mezzorco di fronte a sé. 'Il solito gradasso da due soldi', pensò la piccola goblin, mentre ticchettava con la punta delle daghe tra di loro. Fu in quel preciso istante, che il misterioso uomo incappucciato decise di entrare in scena, nel modo più spettacolare possibile: quando anche Dag Uruk si era ormai voltato curioso di capire cosa stesse accadendo dietro di lui, il misterioso uomo incappucciato aveva già gentilmente sfilato una piccola lyra dalle spalle, sotto il mantello, e cominciato ad intonare una ballata molto conosciuta in queste terre e in quelle più lontane, la Ballata dei Re del Niente. Delicatamente, cosi come aveva iniziato, l'uomo sembrò continuare godendosi appieno il momento, mentre le sue dita sfilavano leggiadre tra le corde tese dello strumento. Zizi e Jojo si guardarono perplessi, entrambi inarcando un sopracciglio in modo interrogativo. Poi Zizi, ricordò: fin dal primo momento in cui avevano messo piede in locanda quella notte, la visione di quella seconda sagoma immobile al centro della sala, le aveva destato una strana sensazione di già visto, ma fu in quello stesso istante che finalmente riuscì a inquadrare di preciso chi fosse. "É lui, l'uomo del Black Raven, quello che ci ha fregato", disse Zizi al suo compare, senza mai distogliere lo sguardo dall'uomo misterioso. Jojo, si voltò prima a guardare Zizi, ancora perplesso, per poi di scatto tornare a studiare l'uomo che suonava la lyra. "Hai ragione", risposo Jojo, quasi ingoiando la sua stessa voce.
Montgas, che aveva invece chiesto e ricevuto asilo per la notte dal fabbro di Bragos, il mezzelfo Hamon Krisqen, se ne stava sdraiato in terra, steso su di un vecchio materasso posto all'angolo della stanza che Hamon solitamente utilizzava per la cena. Nei suoi occhi aperti a guardare il soffitto, riviveva i suoi incubi ancora e ancora. Sapeva che avrebbe dovuto imparare a conviverci, ma ogni volta che succedeva, l'armaiolo di Alverton non poteva far altro che piangere, e non appena la prima lacrima scese a solcargli il viso, attorno a lui tutto divenne più sfocato, il tempo quasi sembrò fermarsi, l'aria fresca di stagione che filtrava timidamente attraverso gli infissi sembrò interrompere il suo corso. Montgas conosceva quella sensazione, ma non ci aveva fatto il callo ancora. "Montgaaaaaassss...Montgaaaaaaass...l'anima del reggente Magdan...portamela, mio cavaliere". E in un attimo, l'aria tornò a filtrare tra le fessure delle finestre, il tempo riprese il suo normale andare, lasciando l'armaiolo di Alverton da solo con il suo fardello. Montgas, senza proferire parola, si alzò in piedi, sistemando come poteva il giaciglio di fortuna che gli era stato concesso, prese il cappello sul tavolo all'altro angolo della stanza e indossó l'imbracatura della sua fidata Sentence. Silenzioso come un'ombra, raggiunse in poco tempo la piazza di fronte alla fortezza di Bragos, nella parte alta della città, cercando di ispezionare il più possibile le mura e trovarne un punto debole da utilizzare a suo vantaggio. Dopo un tentativo fallito nel cercare di attraversare il fossato che lo separava dal suo obiettivo, una grata di scolo leggermente divelta che gli avrebbe concesso l'accesso dalle fognature della fortezza, tutto ciò che riusci a ricavare dalla sua breve spedizione fu l'odore della polvere da sparo, un'anima innocente, e un obbiettivo fallito. Nel tornare indietro, dopo aver inavvertitamente allarmato le guardie a difesa delle mura, Montgas si imbattè nella statua di Bael Elrwind l'Immortale, disposta al centro di una piccola piazza, di fronte ad un'altrettanto piccola chiesa. L'entità a lui legata sembrò detestarne la visione e i "falsi" ideali alla base dello status di divinità di cui l'uomo, ritratto nel marmo della statua, veniva fregiato. Montgas non capiva, d'altronde lui non sapeva nemmeno chi fosse questo Bael, e non aveva intenzione di chiedere spiegazioni a "lei", perchè in fondo, sebbene non volesse ammetterlo, "lei" lo terrorizzava. "Montgas, mi hai deluso, tu sei il mio campione e da te non mi aspetto insuccessi. Trova l'uomo che si fa chiamare Kumar e portami la sua anima. Ma sappi fin da ora, non ti concederò una terza occasione" tuonò furiosa l'essenza intangibile nella sua mente. E Montgas, di nuovo, obbedì senza proferire parola...
Finch, che si era abilmente liberato del suo aguzzino, decise di muoversi, lasciare la stanza, assumendo le sembianze del mezzorco steso senza vita di fronte a lui, e tentare di trarne vantaggio qualora si fosse imbattuto in altra feccia simile. Non a caso, appena mise un piede fuori dalla sua stanza per raggiungere il corridoio del primo piano, ebbe modo di testare il suo nuovo aspetto di fronte a quello che sembrava un mezzorco muscolarmente più intimadatorio e meno longilineo del precedente avversario. Ma le sue abilità non si limitavano a tirare di stocco con l'eleganza e l'agilità pareggiata soltanto dagli elfi dell'Amdirthurin, no, Finch aveva qualche arma in più nella sua faretra: abilità più complesse da perfezionare di una semplice forma di attacco o difesa con la spada, Finch sapeva giocare con la mente delle persone. E fu così, che riuscì a raggirare l'energumeno che l'aveva approcciato, convincendolo ad entrare nella sua stanza, offrendo così la preda più ambita dal filo dello stocco del "Diavolo del Bordo", la sorpresa. Non appena il suo stocco lacerò la carne alla base della schiena, penetrando in profondità, il mezzorco si piegò all'indietro, straziato dal dolore. E come se non bastasse, Erdan, che sull'uscio della sua stanza, qualche porta più in là, aveva assistito alla scena, pronunciò una preghiera in elfico, balzando anch'egli minaccioso verso l'uomo. Il mezzorco ebbe giusto il tempo di vederlo arrivare l'elfo, leggiadro a mezzaria, la sua spada illuminata in un bagliore bianco, puro e accecante, la sua lama affilata predatrice, fredda e letale mentre penetrava nello stomaco: la luce che permeava la spada, esplose in un bagliore ancora più potente mentre l'anima del mezzorco si consumò a poco a poco, fino a spegnersi.
"Questa ballata è una delle mie preferite", disse il misterioso uomo incappucciato, mentre riponeva la sua lyra sotto il mantello. "Ora, non voglio rendervi le cose più difficili di quanto già non lo siano...l'uomo che si fa chiamare Finch, dov'é?". Zizi e Jojo rimasero in silenzio, entrambi a fissare il tizio incappucciato senza muovere alcun muscolo, anche se per un attimo il mezzorco ebbe l'impressione che qualcuno stesse spiando i suoi pensieri. L'uomo misterioso, scrollò le spalle, e fece un cenno verso la stanza dietro il bancone della locanda. Pochi secondi dopo, un mezzorco, meno piazzato del vecchio amico Dag, ma comunque non meno pericoloso, fece qualche passo in avanti trascinando con se da un lato Kumar Medo, il locandiere, dall'altro, il giovane Python Callsworth, entrambi legati mani e piedi che si dimenavano. "Muovete anche soltanto un dito, e sarete i responsabili della prematura morte di un locandiere e del suo deludente aiutante", disse sbuffando annoiato. A quel punto cominciò a disegnare di fronte a sé, una qualche sorta di schema runico, a mezzaria, con il dito indice della mano destra: una forma rettangolare a raffigurare una piccola porta con un simbolo elfico al centro. Appena congiunto l'ultimo angolo del simbolo, la runa sbiadì fino a scomparire mentre la realtà sotto di essa si increspava e spezzava in tanti piccoli cristalli, e che a loro volta si ruppero in parti più piccole, fino a diventare polvere. Tutto in pochissimi secondi, che parvero secoli a Jojo e Zizi: non avevano mai visto una magia di quel tipo, e rimasero a bocca aperta, completamente esterrefatti nel constatare che il risultato di quella runa, non fu altro che un portale dimensionale collegato con il piano superiore della locanda. L'uomo incappucciato mise un piede e poi l'altro dentro il portale per poi scomparire.
Quando riapparve al piano superiore, per i presenti fu una sorpresa. Raidan, che nel frattempo era accorso all'esterno della stanza, fu il meno scioccato dei tre, nel vedere un misterioso uomo dal cappuccio e mantello rosso cremisi, apparire al centro del lungo corridoio del primo piano: aveva vissuto per tre anni a stretto contatto con persone dai poteri, per lui, inimmaginabili, e questo era uno di quei fenomeni arcani ai quali era stato abituato. "L'uomo che si fa chiamare Finch, dov'è?", chiese a voce alta, mentre il Diavolo del Bordo cercava riparo all'interno della sua stanza. A quel punto sia Erdan che Raidan, percepirono una sensazione strana, quasi di intrusione nelle loro rispettive menti, come se qualcuno stesse giocando al gatto e il topo nelle loro teste, e un attimo dopo, l'uomo misterioso prese a camminare, avvicinandosi minaccioso alla stanza in cui Finch aveva cercato riparo. Vani furono i tentativi di respingerlo: Raidan scagliò contro di lui la sua pioggia di lame, senza scalfirlo neppure; Erdan tentò più volte l'affondo con la sua spada, ma i suoi colpi non furono efficaci. L'uomo incappucciato proseguì imperturbabile la sua ricerca, dando le spalle a due giovani, quasi disinteressato all'idea di dover continuare a confrontarsi con loro. Fu in quel momento, che l'elfo di Elantris, notò un particolare impossibile da ignorare: questo strano individuo recava il simbolo dell'Avel'erendur inciso sul mantello, poco sotto la base del collo. Inutile specificare quanto Erdan si sentì confuso in quel momento. 'Come è possibile che porti con sé quel simbolo', pensò disorientato.
Hroan, raggelato nella sua stanza e sconvolto dall'idea di aver perso il controllo in quel modo, riuscì a ritornare in sé stesso, richiamato a gran voce dal suo giovane adepto, poco fuori la stanza. Di corsa raggiunse gli altri, scalzo, con la staffa ancora ai piedi del letto, provato dalla paura di non riuscire più a controllarsi. Ma quando finalmente ebbe modo di visualizzare il prossimo avversario, l'uomo incappucciato aveva già raggiunto Finch, avvicinandosi a lui sempre più minacciosamente. Il dovahren, inizialmente sorpreso quanto gli altri, poi ebbe una illuminazione, e non di quelle piacevoli: improvvisamente ricordò di aver visto quella figura, ritratta essattamente allo stesso modo in cui si presentava di fronte a lui, nei libri di storia. Anzi, NEL libro di storia, L'Ascesa delle Ombre, uno dei più famosi riguardanti la terribile Guerra delle Ombre. "Asperios..." bisbigliò, temendo anche soltanto di pronunciare a voce alta quel nome. Poi insistette, rivolgendosi ai compagni: "Costui è Asperios, uno dei 4 del Durammarth, voltandosi verso Raidan. E a quel punto il giovane adepto lo vide, il terrore negli occhi del dovahren. Raidan non aveva mai sentito parlare di lui, nessuno dei presenti aveva mai sentito nominare quel nome. Asperios, dal canto suo, fece un altro passo, arrivando faccia a faccia con FInch: "La ragazzina, dov'é?", chiese ad alta voce e, avvicinandosi ancora di più, bisbigliò nell'orecchio di Finch: "Io so cosa sei...tuo padre mi ha parlato di te". Poi, recitando un rituale in una lingua sconosciuta, disegnò due cerchi magici, concentrici, poco davanti i suoi piedi: immediatamente la stanza fu investita da una luce blu chiaro, luminosissima, e i due cerchi sembrarono ingrandirsi ogni attimo di più. Asperios tese la mano verso Finch, ancora pronunciando parole irriconoscibili, e per un attimo il Diavolo del Bordo ebbe l'impressione che quella era la cosa giusta da fare, seguire l'uomo misterioso era ciò che contava ancor prima che tutto il resto. Hroan, in preda al terrore, cercò di colpire disperatamente Asperios lanciando proiettili di ghiacchio dall'altra parte della stanza: uno dopo l'altro, i proiettili si infransero contro il lungo mantello cremisi e non riuscrono nemmeno a distrarre l'uomo. Poi ci provò Raidan, ancora più indietro, quasi dall'uscio della porta, evocando di nuovo la sua pioggia di lame e cercando quantomeno di ferire Asperios nel tentativo di interrompere qualsiasi cosa egli stesse tentando di portare a termine: le piccole daghe sferzarono a più riprese l'uomo incappucciato, lacerando le sue vesti, e il suo mantello, ma non il suo cappuccio, sempre ben saldo a coprire incredibilmente buona parte del suo volto. Grazie all'intervento di Hroan e Raidan però, Finch riuscì a rinsavire, sfuggendo alla presa mentale del nemico e indietreggiando sempre di più verso la finestra che dava sul cortile sotto la locanda. Asperios valutò per un attimo la situazione, poi, guardando Raidan, calò il cappuccio mostrando il volto di una donna, capelli castani, ondulati sulle spalle: il giovane conosceva bene quel volto, perchè apparteneva a sua madre. In quel momento la mente gli si annebbiò sommersa dai dubbi e dalle paure, ma non ebbe modo nemmeno di proferire parola, che la donna, Asperios, svanì con un balzo, nel portale che aveva disegnato proprio sotto i sui piedi.
Appena Asperios scomparve nello stupore generale del primo piano, Hroan prese subito la parola, raccontando di come avesse quasi immediatamente identificato l'uomo come Asperios, lo "shapeshifter". "Sia maledetto, se non è lui, uno dei 4 del Durammarth, la personale squadre della morte di Brimdur in persona. Se anche il Durammarth è libero di girare su queste terre, significa che la situazione è già precipitata più di quanto possiamo permetterci. Dobbiamo raggiungere immediatamente Dragon's Cliff..."". Finch, che aveva più di qualcosa da raccontare, prese la palla al balzo e abbassando lentamente il suo cappello magico, del tutto invisibile nella forma in cui aveva scelto di apparire, disse "Ragazzi, prima che ci rimettiamo in marcia, c'è qualcosa che devo assolutamente mostrarvi". Lentamente mostrò il suo vero volto, pronunciando le ultime parole con una voce più rauca e profonda di quella cui erano abituati i compagni. "Sono sempre io Finch, un uomo pieno di sorprese", disse sorridendo. Erdan e Hroan, lo guardarono sorpresi, ma del tutto a loro agio. Raidan invece, rimase scioccato dalla scena, quasi pronto a ricorrere al suo dono per sistemare la faccenda. Fu necessari l'intervento di Hroan a convincere il giovane di Salem che Finch era sempre Finch...semplicemente sotto un'altra forma. Ma quelle piccole e sporgenti corna sulla fronte del compagno continuavano a metterlo a disagio.
Nel frattempo, al piano terra, la tensione stava consumando lentamente tutti gli attori in gioco. Jojo, quello più impaziente, prima analizzò la scena: Kumar e Python, prigionieri del mezzorco dietro al bancone, Dag tra lui e la sua compare. Sapeva benissimo che lui e Zizi avrebbero potuto cavarsela, ma una parte di lui l'aveva spinto a tentennare per non sacrificare le vite di due, apparentemente, innocenti. Fino a quel momento. "Adesso che il tuo amico se n'è andato", facendo il verso a Dag, "possiamo riportare la nostra riunione su un piano...diciamo...più personale", aggiunse digrignando i denti. "Non muovere un muscolo, o quei due lá, non vedranno la luce dell'alba", rispose Dag mentre con il braccio si asciugava un rivolo di sangue sulla bocca. "Se non l'hai capito, la situazione si è appena capovolta" urlò Jojo, mentre saltava prima sullo sgabello del tavolo affianco per poi atterrare su Dag assestando un netto calcio nello stomaco e sbilanciando il suo ex compagno fino a farlo indietreggiare 2/3 metri addoso a Zizi, ancora in piedi. Dietro il bancone della locanda il mezzorco, che teneva ancora con entrambe le mani i due prigionieri con la faccia sul bancone, liberó il locandiere Kumar dalla presa per arrivare a sfoderare la sua scimitarra, trafiggendo con efferata naturalezza il teschio del giovane Python: nell'ultimo rantolo di morte il suo corpo si irrigidì, per poi scivolare a terra senza vita non appena io bandito del Kurmundrat estrasse la lama dalla sua nuca. Kumar non riusci nemmeno a gridare, tanto era straziato, ma al mezzorco suo aguzzino questo non interessava. Tanto che lo sbattè di nuovo con forza sulla tavola di legno rompendogli il naso, per poi saltare al di là del bancone minaccioso. In quello stesso istante, Montgas che aveva da poco raggiunto i suoi compagni, studiando la situazione dall'esterno dell'edificio, decise di mettere sul campo la sua fidata Sentence, colpendo in pieno petto il mezzorco Dag ed aprendo una finestra di attacco fondamentale per la piccola goblin. Zizi, in preda alla foga della battaglia e approfittando del facile colpo a segno servitole, si lasciò andare ad un colpo acrobatico impugnando la spada al contrario e tagliando la gola al suo avversario con l'esterno della lama, mentre si produceva in un salto all'indietro che le permise di utilizzare tutta la sua forza usando il corpo del mezzorco come perno. Dag cadde in ginocchio, entrambe le mani a tentare invano di fermare l'emorragia mentre i gorgoglii del suo stesso sangue velocizzavano il trapasso: di fronte ad una promiscusa platea, in pochi secondi, la vita nell'uomo si spense. L'altro bandito, quello che aveva assassinato brutalmente il giovane Python, mollò immediatamente le armi e fuggì senza mai voltarsi a guardare indietro. Zizi e Jojo sfiniti lo lasciarono andare, per quella notte avevano già dato e non avevano nessuna intenzione di proseguire le schermaglie. Montgas invece aveva un altro obiettivo, e nell'intento di perseguirlo si avvicinò al bancone della locanda. Kumar, che era riuscito a sedersi su di un grande sgabello di legno, fissava senza mai distogliere lo sguardo, il corpo senza vita del suo giovane amico: in un attimo però, Montgas vide le sue lacrime, mischiarsi col sangue e il suo shock diventare dapprima un lamento e poi una violenta risata isterica. "Ahahahah", esplose a squarciagola il locandiere, "...e pensare che ho fatto tutto questo per te, per salvarti la vita! Ahahahahahah", continuò l'uomo. JoJo più di Zizi, si irrigidì dirigendosi minaccioso verso di lui "Cosa significa? ci hai vendu.."...il mezzorco non fece in tempo nemmeno a chiudere il concetto che il locandiere si ritrovò il foro di una pallottola in pieno petto. Voltandosi alla sua destra, vide l'armaiolo di Alverton col braccio teso e la canna, di quella sua strana arma, fumante. Del tutto sorpreso Jojo saltò al di là del bancone chinandosi sul corpo di Kumar che immediatamente era scivolato a terra. "Qualcun altro ci sta cercando?" gli chiese tenendogli la testa. L'uomo piangeva, immerso nel suo stesso sangue..."...prendete i cavalli nella stanza e andate. Mi dispiace", tossendo sangue "...perdonatemi". Mentre Jojo poggiava la sua testa lentamente a terra, Kumar si spense, pieno di rimpianti. Quando il resto della compagnia riuscì a raggiungere il primo piano, ebbero giusto il tempo di vedere Montgas chiudere al corpo senza vita del locandiere...
"...da quando sono con voi...tutto va storto", borbottò torvo in volto. "Prendete le vostre cose e partiamo, questo è il momento di restare uniti, non possiamo permetterci defezioni" tuonò Hroan
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