Sessione 30 - Nuove scoperte
I Protagonisti sono spiazzati dall'agguato subìto...
General Summary
Colto di sorpresa ed incapace nell'immediato di reagire, il gruppo è inerme di fronte alle due misteriose figure assalitrici. La più esile di queste, tuttavia, si ferma di colpo nel suo assalto a Karak dopo averlo apparentemente riconosciuto, e sussurrando il suo nome incredula, pronuncia poi altre parole. "Ssssei tu...", esclama con voce femminile e con un accento particolare incentrato su una lettera s estremamente marcata e sibilante, "sssei ancora vivo...". Sia il lucertoloide che i suoi compagni, seppur ad una certa distanza, odono ciò e lo stesso fa la figura che sta afferrando Tiresio. Il loro stupore pare il medesimo di quest'ultima che, ignorando a questo punto completamente il bardo, lo lascia cadere di colpo a terra per dirigersi proprio da Karak. Il ladro si trova quindi poco dopo di fronte entrambe le figure e non appena quella più imponente lo raggiunge squadrandolo, l'altra fa quasi per riprendere l'attacco che precedentemente ha interrotto solo per venire bloccata dalla seconda figura. "Ferma, Thelthess!", esclama quest'ultima con una profonda voce maschile, frenando così la prima e più esile sagoma che, infatti, gli obbedisce, riponendo i propri pugnali. E' in quel momento che Karak, rialzandosi da terra dolorante, può finalmente scorgere in volto le due figure, illuminate sotto i loro cappucci dalle ultime luci del giorno. Sebbene egli abbia in quel momento la definitiva conferma che si tratti di due lucertoloidi che conosce, il ladro rimane un pò deluso nel realizzare che non si tratta di sua sorella e suo fratello come invece aveva per un attimo creduto e sperato. I due, al contrario, sono Raadut e Thelthess. Rispettivamente un guerriero ed una cacciatrice della sua tribù, la seconda dei quali cara amica della sorella di Karak e per questo conosciuta dal ladro abbastanza bene. Nonostante il sentirsi sollevato per aver incontrato due suoi simili e conoscenti, però, il ladro si trova incredulo per due motivi principali. Il primo è perché essi siano a Sturben, a svariate leghe di distanza dal loro villaggio natale sulle rive nord-orientali del lago Balaur, villaggio i cui membri non abbandonano mai. Il secondo è riferito al fatto che anch'essi, come lui, siano stati mutati dal loro aspetto e natura selvaggia e sappiano adesso parlare la lingua degli uomini visto che non dovrebbero esserne in grado a differenza sua. Karak, pertanto, chiede spiegazioni in proposito ma Raadut, che esercita un certo comando su Thelthess, lo ignora ed anzi gli chiede se stia viaggiando con gli altri tre, Tiresio, Lucien e Goldrick, che, ripresisi nel frattempo dallo scontro ed avendo liberato il warlock dalla rete, stanno osservando la scena da una certa distanza. Alla risposta affermativa del ladro, Thelthess lo apostrofa duramente, urlandogli in faccia con disprezzo quanto egli sia caduto in basso accompagnandosi con degli sshak'ath, espressione che nella lingua ancestrale, selvaggia ed appena abbozzata dei lucertoloidi sta a identificare con spregio ed odio qualunque altro essere vivente che non sia un lucertoloide. Karak, sempre più meravigliato dall'atteggiamento e dalle parole inspiegabili per lui dei due, insiste nell'ottenere delle risposte e stavolta Raadut gliele concede, anche se sommariamente. Il guerriero, così, racconta a Karak che anche loro, oltre ad altri della tribù, sono stati catturati dagli stessi mercenari e sono stati condotti come Karak dallo stesso incantatore come cavie per i suoi esperimenti. "Ti stavamo cercando Karak", continua Raadut, "e ci siamo spinti troppo vicino al territorio del nemico. Ci hanno trovati, catturati e condotti in delle prigioni diverse dalla tua. In alto, su una torre. Per questo non ci siamo mai visti. Lì ci hanno sottoposti a degli esperimenti di magia fino a trasformarci in ciò che siamo ora. Come hanno fatto con te, evidentemente. Poi, quando c'è stata l'evasione, nel caos generale ti abbiamo visto fuggire nel bosco ed abbiamo saputo che eri ancora vivo. Anche noi abbiamo sfruttato quella confusione e siamo riusciti a scappare a nostra volta ma quando siamo tornati al villaggio tu non c'eri. Abbiamo raccontato tutto al capo villaggio e lui ha deciso di inviare alcuni di noi a cercarti. Ma non ti abbiamo trovato e sapendo quasi per certo che nemmeno i mercenari lo avevano fatto, il capo villaggio è andato su tutte le furie credendo che avevi deciso di lasciarci e abbandonarci di tua volontà. A quanto pare aveva ragione...Così ti ha esiliato dalla tribù, per sempre. Sai cosa significa. Non hai più nulla a che fare con noi, non sei più uno di noi e non potrai mai più tornare al villaggio. Se tu lo facessi la pena sarebbe la morte. E io, a differenza di Thelthess, non voglio darti la carità di un trapasso rapido e indolore...". A tali parole, oltretutto evitando di rispondere al perchè essi si trovino in città, Karak è disorientato e confuso. I suoi tentativi di spiegazione e di richiesta di ulteriori chiarimenti non vengono ascoltati dai due che inoltre, quando egli fa presente di aver inviato periodicamente lettere al villaggio, replicano che nulla di tutto ciò è mai giunto loro. Affranto, il ladro non riesce a darsi una spiegazione per quello che sta accadendo ma Raadut e Thelthess a questo punto non si curano più di lui. I due infatti si coprono di nuovo accuratamente con i propri mantelli e cappucci e, intimandogli di non incrociare mai più il loro cammino, gli lanciano un'ultima occhiata di addio e di superiorità prima di andarsene ignorando completamente lui, i suoi dubbi ed i suoi compagni. La coppia di lucertoloidi si incammina quindi lungo uno dei vicoli vicini ma Karak, continuando ad osservarli impietrito, nota un particolare. Thelthess, infatti, con una mano dietro la schiena in modo da non essere vista da Raadut, sta facendo dei segni. Senz'altro rivolti a lui stesso. Dei simboli che Karak conosce bene, simboli del gergo ladresco. Un sistema rapido e a volte silenzioso che gli individui esperti nella furtività utilizzano come linguaggio per comunicare segretamente. "Qui...alle 22...da solo...", recita il messaggio. Karak, seppur ancora più perplesso di prima, si limita ad osservare la lucertoloide fare finta di nulla continuando a camminare di fianco a Raadut mentre i due svoltano l'angolo del vicolo scomparendo alla vista. Il ladro, quasi incapace di razionalizzare ciò che è accaduto, finisce per concentrarsi unicamente sul messaggio finale di Thelthess. L'unico appiglio ed àncora di salvezza che sente di avere al momento per comprendere ciò che sta succedendo, incurante del fatto che possa persino trattarsi di una trappola. Mentre i suoi compagni lo raggiungono avvicinandosi a lui, egli, dentro di sè, ha già deciso che si presenterà all'appuntamento. A prescindere da qualunque cosa ne scaturirà, infatti, per Karak vale comunque la pena rischiare per capire di più di tutta quella faccenda. Nel silenzio in cui il lucertoloide è piombato, Goldrick, Lucien e Tiresio, rimasti in disparte fino a quel momento ad osservare ed ascoltare la scena, chiedono spiegazioni al compagno. Egli ribatte però che non può fornirle poichè troppo poco gli è stato detto e che l'unico modo che ha per approfondire la cosa è incontrare Thelthess e chiederglielo di persona. Ha bisogno di risposte, di chiarire se delle bugie sono state dette e di capire che cosa ha sbagliato per meritarsi l'esilio. Nonostante i dubbi sul presentarsi all'appuntamento sollevati dagli altri nel momento in cui ne vengono informati, Karak è irremovibile in proposito. Così, non potendo far cambiare idea al ladro, il gruppo decide per il momento di proseguire con la loro indagine, ripromettendosi magari di tornare più tardi sulla questione. Manca infatti qualche ora all'appuntamento e c'è ancora tempo sia per affrontare la faccenda in modo più razionale che per continuare le loro ricerche come da programma. Perciò, cambiando idea e credendo che sia piuttosto presto nel pomeriggio per incontrare Daniil alla taverna preferendo piuttosto di essere sicuri di intercettarlo a ridosso dell'ora di cena, il gruppo decide di impiegare quel tempo per recarsi prima da Pavlic con l'intenzione sia di metterlo al corrente dello stato delle indagini che di chiedergli, come già avevano stabilito, di procurare loro una mappa delle fogne della città. Pertanto, dopo che Karak ha recuperato e preso per sè la rete con cui Raadut aveva intrappolato Lucien lasciata lì dal guerriero, i quattro si dirigono alla residenza Pavlic. In una sera ormai avvolta da una crescente oscurità, le prime luci delle lanterne cominciano ad accendersi un pò ovunque a Sturben ed il gruppo lascia prima il desolato Quartiere Povero, supera poi il Grande Mercato come sempre vivace e rumoroso e raggiunge infine il limitare occidentale dei Giardini degli Dei dove si trova la dimora del mercante. Dopo aver bussato alla sua porta ed essere stati riconosciuti da Naralis, vengono fatti entrare nella ricca ed opulenta abitazione e condotti dalla cameriera, sempre in rigoroso silenzio e dal perfetto galateo, nell'ombroso studio di Pavlic dove l'uomo li riceve immediatamente. Lì mettono al corrente il loro cliente degli ultimi sviluppi e delle loro scoperte relative al caso Novak, mostrandogli anche alcune prove. Il frammento di stoffa rinvenuto nel bosco della Sponda orientale, il sacchetto di velluto pieno di monete d'oro ed anche il motivetto udito dalla piccola Almira. Il mercante appare soddisfatto dei passi in avanti nelle indagini nonostante invece il gruppo si dimostri un pò più sfiduciato e non molto convinto dei propri effettivi progressi. "Capisco le vostre ragioni", afferma Pavlic con il suo strano ed insolito accento, "ma dovete pensare positivamente. Per quanto non risolutive ed apparentemente non perfettamente collegate, le vostre scoperte non sono banali e credo vi stiano portando sulla giusta strada. Inoltre, se posso permettermi, vi consiglio di non cercare ogni singolo tassello del mosaico. Non è necessario ricostruire l'intera vicenda, quello che vogliamo è solo portare pace e tranquillità a Sturben e perciò assicurarci che ogni possibile minaccia si esaurisca. In ogni modo, legale, possibile. Si può saltare qualche tappa se poi si riesce comunque a raggiungere la meta". Le parole di Pavlic fanno riflettere a fondo il gruppo che rimanda però le proprie conclusioni in un secondo momento. In quel frangente, infatti, essi vogliono ottenere quante più informazioni e aiuto possibili dall'uomo e pertanto si concentrano su ciò. Così, riescono ad ottenere da Pavlic sia l'ubicazione di due sarti che forse potrebbero avere informazioni su chi ha acquistato o commissionato loro il sacchetto di velluto sia la promessa di entrare in possesso delle mappe delle fogne entro un massimo di un paio di giorni. "Le botteghe di questi due sarti sono piuttosto rinomate ed apprezzate presso i più facoltosi della città poiché si occupano di merci e stoffe ricercate, costose e di alta qualità", continua il mercante, "e si trovano alle due estremità settentrionale e meridionale della piazza del Grande Mercato, le troverete facilmente. Per quanto riguarda le mappe, invece, spero di farvi avere tutto il materiale prima di due giorni". Rassicurato su ciò, quindi, il gruppo ottiene infine anche l'impegno di Pavlic a scoprire a quali proprietari andranno adesso le botteghe delle vittime di Novak nonché altre due utili informazioni a seguito di altre loro domande. La prima relativa a dove poter trovare dell'equipaggiamento sopra la media da poter utilizzare nei loro incarichi. Il mercante infatti parla e conferma loro dell'esistenza di un mercato nero occulto in città tanto fiorente quanto misterioso e sfuggente nel quale sarebbe possibile acquistare merce di notevole fattura e particolarità. Egli stesso tuttavia conosce ben poco di esso pur avendo provato a lungo a raccogliere informazioni in merito e l'unica cosa che può fare è quella di consigliare il gruppo di iniziare a cercare proprio dal Grande Mercato e di avere grande cautela nel farlo. Nel frattempo, comunque, ricorda loro che potranno usufruire di qualche aiuto presso la chiesa del Signore del Mattino se vorranno, avendo essa stretto un accordo di fornitura di prodotti "particolari" con lo stesso Pavlic. La seconda, poi, riguarda la misteriosa organizzazione che si firma con i tre anelli bianchi concatenati e che è motivo d'interesse per Lucien e Karak. L'uomo afferma di non sapere nulla al riguardo e di non averne mai sentito parlare confermando di fatto la versione che tempo prima Gennifer e Laurie avevano fornito al gruppo. Esse, infatti, pur non volendo scendere nei particolari dando l'impressione di non voler rivelare tutto quello che sapevano, avevano detto di aver già visto quel simbolo non solo a Sturben ma soprattutto in altre zone della Valle, lasciando intendere che l'attività di quella organizzazione nella cittadina era quindi uno sviluppo secondario, piuttosto recente ed ignoto ai più. A questo punto, ultimate le loro richieste e dopo aver informato il mercante della loro imminente intenzione di parlare con Daniil, i quattro vengono quindi interpellati da Pavlic sull'eventuale loro bisogno di altri aiuti o della necessità di parlargli di altri argomenti prima di concludere il loro incontro. Lo sguardo gelido e scrutatore dell'uomo che sembra a tratti fissare direttamente il loro animo, però, non convince Karak a raccontargli del recente incontro con i suoi simili nemmeno quando il mercante si sofferma stranamente a guardarlo in silenzio per qualche istante in più rispetto ai suoi compagni. Il lucertoloide non vuole infatti fare partecipe Pavlic dei suoi fatti personali che nulla hanno a che fare con il lavoro per il quale si trovano lì ma anche perché alcuni atteggiamenti dell'uomo rendono nervoso e inquieto il ladro. "Molto bene, allora. Abbiamo finito", conclude il mercante accompagnandoli verso l'uscita, "quando e se avrò novità ve le farò comunicare immediatamente alla locanda". Così, ultimato l'incontro, il gruppo lascia la residenza Pavlic per rituffarsi nelle labirintiche strade di Sturben. Nella nera oscurità che oramai avvolge interamente la cittadina, rischiarata qua e là da sparute lanterne, i quattro decidono di dirigersi presso la taverna in cerca di Daniil mentre rimuginano sulle informazioni ed in particolare sul consiglio del loro cliente. Tuttavia, si trovano indecisi su come interpretare tali parole e, ancora una volta, sul da farsi, stabilendo alla fine, almeno per il momento, di attenersi al loro programma a breve termine. Tali sono quindi i loro pensieri mentre, diretti "Al Pozzo Secco", si trovano nuovamente ad attraversare la piazza del Grande Mercato. Essa, come al solito, è ricca di vita, chiasso e luci in quest'ora della giornata, popolata da decine e centinaia di persone intente a commerciare, fare acquisti e consegnare o ritirare merci. Passando velocemente a lato dell'edificio del Grande Mercato, il gruppo cerca però questa volta di prestare massima attenzione a ciò che li circonda, rimembrando le parole dello stesso Pavlic. Intendono infatti individuare ogni minimo segnale che possa indirizzarli nello scoprire qualcosa di più sul mercato nero. La domanda che hanno fatto poco prima al loro cliente non è stata per niente istintiva. Fin dal loro arrivo in città i quattro avrebbero voluto acquistare oggetti utili per i loro incarichi e viaggi e sanno che prima o poi dovranno trovare del tempo per farlo, ritenendo di poter trovare tali articoli soltanto al mercato nero. Iniziare a raccogliere informazioni a riguardo, perciò, è il primo passo da fare se vogliono raggiungere il proprio obiettivo. Tra la confusione e le luci delle numerose lanterne della piazza, però, Goldrick, Lucien e Tiresio non scorgono o notano nulla di anomalo o particolare. Karak, al contrario, a differenza degli altri e di ogni altra volta in cui il gruppo è passato per quella via senza accorgersi di nulla, scorge stavolta uno strano simbolo disegnato sul muro di pietra a lato dell'ingresso orientale del mercato. A più di due metri e mezzo di altezza, infatti, una sorta di graffito sembra inciso. L'immagine di un triangolo rosso, largo circa 10 cm. Un disegno semplice ma che attira l'attenzione del lucertoloide, a maggior ragione quando poco dopo ne scorge un altro una trentina di passi più a nord-ovest, sul muro di un edificio sul limitare della piazza, e poi un terzo ancora più ad ovest, sempre sulla parete di una casa. Tutti e tre simili se non identici, apparentemente tracciati a mano, alla stessa altezza dal suolo ed alla stessa distanza tra loro. Come a indicare una specie di percorso, una via da seguire. Il ladro, affermando che tale tecnica di comunicazione è piuttosto comune tra quelli come lui, fa presente la cosa agli altri che, pur rimanendone incuriositi, decidono per il momento di non indagare oltre al riguardo, lasciando tale strada aperta ad un approfondimento futuro. Quella traccia rappresenterà a tempo debito un buon punto di partenza da cui iniziare le loro ricerche ma per adesso preferiscono concentrarsi sul trovare Daniil. Perciò, cercando di non dare troppo nell'occhio nell'osservare quei disegni, il gruppo fa finta di nulla proseguendo il proprio tragitto fin nel cuore del Quartiere Povero. Lasciandosi alle spalle la scena ormai consueta e malinconica di numerosi mendicanti accalcati agli angoli delle strade e soprattutto sul limitare del quariere con quello delle gilde, i quattro raggiungono la desolata e sudicia piazza antistante la taverna, là dove un vecchio pozzo di pietra si erge isolato e danneggiato al suo centro. Nessuna carrucola, nessuna corda e nessun secchio per raccogliere acqua vi sono su di esso. Il pozzo pare veramente secco a conferma del nome del luogo in cui si trovano. E difatti, sul lato settentrionale della piazzetta, vi è l'ingresso di un basso edificio privo di insegne ma che sembra chiaramente essere una taverna. Le luci che filtrano dall'interno e gli inconfondibili brusio di voci e rumore di bicchieri e piatti che tintinnano confermano loro di essere giunti a destinazione. Così, senza esitare, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio entrano nella struttura venendo immediatamente investiti da un intenso ed acre odore di vino e birra. Quasi come se un fiume vi scorresse dentro. Anche per questo, l'interno della taverna, pur fornendo loro un tiepido sollievo dal freddo crescente all'esterno, non pare troppo accogliente. Oltre all'odore sgradevole anche di cibo e pietanze varie, infatti, l'atmosfera è fiacca e quasi abbattuta, se non altro non particolarmente rumorosa e caotica. Seppur piena di avventori per più della metà della sua capienza, la taverna non trasmette per nulla una buona impressione anche per via di pareti piene di crepe, tavoli e sedie deteriorati e logori ed un arredamento scarno e trasandato. Il gruppo, tuttavia, non indugia troppo su questo e cerca subito con lo sguardo un avventore che somigli alla descrizione che Todor ha fatto loro di Daniil. Alla fine, i quattro individuano un vecchio canuto dai pochi capelli e dalla barba grigia che pare essere chi stanno cercando, seduto da solo ad un piccolo tavolo in un angolo della sala comune. Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio si avvicinano quindi immediatamente all'uomo, presentandosi e chiedendogli la disponibilità a fornire loro qualche informazione. Egli, scontroso nei modi e forse leggermente ubriaco, inizia a rispondere alle loro domande soltanto dopo aver preteso ed ottenuto qualche moneta per la sua testimonianza. Così, tra un sorso e l'altro di un'ennesima pinta di birra stracolma, l'anziano finisce per riferire loro che, alla luce di alcune voci giuntegli all'orecchio, Novak non era un ladro ma un assassino. Pagato per uccidere le sue vittime ed inscenare poi finti furti. Tutto ciò solo per mascherare il vero motivo di quegli omicidi ovvero farla pagare a dei negozianti che non erano stati in grado di ripagare i propri debiti. Debiti contratti con una famiglia nobile di Sturben, dall'identità ignota, ma abbastanza ricca ed abile da praticare lo strozzinaggio e priva di scrupoli a sufficienza da decidere di liberarsi di loro quando aveva capito che non sarebbero stati in grado di saldare i propri debiti, anche al fine di usarli come esempio per altri loro debitori. Oltre a ciò, pur affermando di non aver mai conosciuto Novak nonostante l'averlo a volte incrociato lì alla taverna, Daniil racconta al gruppo di essere stato testimone di un altro omicidio del criminale, avvenuto qualche anno prima. In seguito al battibecco con un mendicante per il possesso di qualche moneta, infatti, Novak e la vittima erano venuti alle mani in un vicolo non molto distante da lì, e il defunto criminale aveva avuto facilmente la meglio in virtù della sua stazza. Ciò che aveva colpito Daniil, tuttavia, era il fatto che Novak avesse chiaramente dato l'impressione di assaporare il momento dell'uccisione, sempre per strangolamento, come qualcosa che lo estasiasse. "Credetemi", sottolinea il vecchio con la sua voce rauca impastata dall'alcol, "Novak godeva nell'uccidere, faceva paura anche per quello oltre che per quanto era grosso. Non desiderava altro. E' per quello che dopo aver ucciso quel mendicante fuggì senza nemmeno raccogliere le monete che erano state la causa del litigio...Novak non voleva altro che uccidere, avrebbe ammazzato quei poveri negozianti anche gratis...". I quattro, stupiti da quelle parole e quelle presunte verità riportate con sprezzante sicurezza, incalzano l'anziano sulla fonte di tali informazioni e sul perché, stando in quel modo le cose, Novak non fosse stato arrestato per l'assassinio del mendicante. Ma Daniil ribatte ad entrambe le domande in modo da non dare loro alcun appiglio in proposito. "Ve l'ho detto", confessa, "sono voci, fondate, che ho sentito...non ho un informatore. E per quanto riguarda il suo arresto, in molti sapevamo ma non siamo soliti fare la spia tra di noi, qui nel Quartiere Povero...". In quel momento la loro conversazione è interrotta dal taverniere, un uomo magro, basso e scarno sulla 40ina che, tremante, si avvicina al loro tavolo per raccogliere le ordinazioni. Mentre Karak decide di prendere qualcosa da sgranocchiare e Daniil chiede un'altra birra, il gruppo nota la tensione negli occhi e nell'atteggiamento del taverniere, attribuendola al timore che loro, dal suo punto di vista, sono degli estranei sospetti nonchè una potenziale minaccia alla quiete del suo locale, essendo entrati per parlare misteriosamente con un suo abituale avventore. Un'occhiata ed un cenno rassicurante di Daniil, però, accortosi anche lui della cosa, sono più che sufficienti a tranquillizzare il taverniere che subito dopo torna con le ordinazioni per poi allontanarsi definitivamente dal tavolo. Recuperata quindi una certa riservatezza, i quattro decidono a quel punto di mettere alla prova Daniil e l'intera taverna. Lucien, infatti, con un suo incantesimo illusorio, senza farsi notare replica al centro della sala comune il fischiettìo descritto loro da Almira con l'intento di osservare le reazioni dei presenti. A parte però l'incredulità di tutti questi che, sospettosi ed impauriti, si fermano in un silenzio inquietante ad ascoltare l'ignota e misteriosa melodia scaturita chissà da dove, nessuno degli avventori, Daniil compreso, pare particolarmente turbato o colpito. La cosa, tuttavia, inquieta non poco l'atmosfera della taverna ed in risposta a tale episodio, probabilmente magico e quindi per niente apprezzato oltre che dall'autore sconosciuto, sono in diversi ad abbandonare il locale tra lo sbigottimento impotente del taverniere. Anche Daniil fa lo stesso, visibilmente intimorito dall'episodio e sospettando probabilmente il coinvolgimento in qualche modo del gruppo, ma prima di andarsene si rivolge ai quattro un'ultima volta. "Personalmente vi consiglio di non rovistare troppo nella spazzatura", esclama, "curiosare in faccende dove è coinvolta una famiglia nobile non è nè saggio nè intelligente. Fate come la Milizia. Forse la maggior parte di loro è così stupida da non saperne nè sospettare nulla ma sono convinto che qualcuno di essi è abbastanza furbo da capire che questo non è un caso su cui conviene scavare troppo a fondo. Lasciate perdere. Se proprio volete sparire, almeno non fate il mio nome. Io non vi ho detto nulla perché non so nulla. Noi non ci conosciamo e non abbiamo mai parlato...". Detto ciò, il vecchio si allontana con un'espressione seria e determinata dal tavolo, lasciando la taverna. Il gruppo decide di non fermarlo non avendo altre domande da fargli almeno al momento ma Tiresio, mentre Daniil gli passa accanto, ha comunque modo di mettergli in tasca una ciocca dei propri capelli senza che lui se ne accorga. Il bardo, con l'approvazione degli altri, ha infatti l'intenzione in un secondo momento, grazie alla sua capacità di scrutamento, di osservare gli spostamenti dell'anziano, così da avere qualche informazione in più su di lui sebbene quest'ultimo sia parsa una fonte tutto sommato affidabile e non coinvolta direttamente nella vicenda. Fatto ciò, non avendo più motivo di rimanere sul posto, i quattro, con il sollievo del taverniere, lasciano a loro volta il locale tornando nella fedda e buia piazza all'esterno. Con l'ora di cena oramai quasi passata, essi ragionano sul colloquio appena avuto con Daniil, trovandosi inevitabilmente a dover decidere come procedere. La testimonianza dell'anziano pare plausibile e verosimile ma apre chiaramente a nuove riflessioni e considerazioni mai fatte finora oltre ad una nuova potenziale, inesplorata e pericolosa pista su cui indagare. Mentre Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio fissano il cielo nero e coperto della notte, sempre più dubbi si insinuano nelle loro menti, scaturiti dalle loro ultime nuove scoperte. Come interpretarle e considerarle? Come procedere in quello scosceso e accidentato sentiero colmo di continui ostacoli e complicazioni che si dipana di fronte a loro?
Personaggi con cui si ha interagito
Raadut, Thelthess, Naralis, Vassili Pavlic e Daniil
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Goldrick Olzanik
Karak
Tiresio
Data Rapporto
21 Nov 2023
Luogo Primario
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