Sessione 29 - I primi due crimini di Novak
I Protagonisti riflettono sul significato della loro ultima scoperta...
General Summary
Sempre più incuriosito dai risvolti della vicenda, il gruppo cerca di interpretare l'importanza del ritrovamento del sacchetto pieno di monete d'oro. "Le parole di Todor potrebbero quindi essere veritiere", sostiene Tiresio mentre osserva Karak contare una per una le monete, "anche se...". "...non possiamo esserne certi", interviene a quel punto Lucien, sostenendo quindi che, per quanto probabile a giudicare dal solo valore del velluto della piccola sacca, non vi sono comunque prove definitive a sostegno della teoria riportata loro da Todor. "Certo", continua il warlock, "quello non è qualcosa che si trova di solito in un posto come questo ed in possesso di uno come Novak ma...". A quel punto, però, il lucertoloide interrompe la conversazione ed i pensieri già vaganti degli altri affermando che il sacchetto contiene ben 63 monete d'oro. Una somma cospicua, enorme se rapportata agli standard degli abitanti del Quartiere Povero. Nemmeno in 10 vite essi potrebbero anche soltanto vedere una tale cifra, figuriamoci maneggiarla. Ragion per cui, a detta di tutti e quattro, l'ipotesi di cui Todor li ha messi al corrente acquista sempre più spessore e credito. Inevitabilmente, però, essa si porta dietro decine di altri interrogativi ma il gruppo decide di rifletterci sopra attentamente soltanto in un secondo momento, quando avrà definitivamente ultimato le ispezioni riguardanti i luoghi dei primi due crimini attribuiti a Novak. In modo da avere così un quadro d'insieme finale e complessivo della vicenda. Perciò, dopo aver preso il sacchetto e dato un ulteriore e scrupolosa controllata alla casa non volendo lasciare nulla di intentato, i quattro, non rinvenendo altri indizi, decidono di andarsene per dirigersi nel luogo del primo duplice omicidio di Novak. Lasciatisi quindi l'abitazione di quest'ultimo alle spalle, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio si muovono verso est, penetrando in una zona del quartiere adiacente al Quartiere Ricco. Giunti in prossimità dell'abitazione-bottega delle due vittime, notando la porta d'ingresso chiusa ed una finestra sbarrata, Karak, sfruttando il vetro rotto di una seconda finestra lì accanto, riesce ad aprire quest'ultima entrando nell'edificio. Mentre il ladro si mette quindi all'opera dall'interno sulla porta d'entrata per scassinarla e far così entrare anche i compagni, questi, all'esterno, assistono a qualcosa che si verifica una quarantina di metri più a est di lì, lungo la strada. All'incrocio di una via più grande ed uno stretto vicolo, dove sono accalcati numerosi mendicanti, un uomo ed una donna passano camminando, diretti verso il Quartiere Ricco. Eleganti e ben vestiti oltre che dalla postura impettita, i due, probabilmente nobili, passeggiano a braccetto a lato della via incuranti dei poveri che li supplicano di donargli qualcosa. Fra questi ultimi, però, ad un certo punto, emerge una giovane ragazza. Una stracciona, scalza e vestita con abiti strappati, luridi ed umidi, dai capelli scomposti e le braccia ed il volto pieni di ferite, lividi e sporchi di fango, si avvicina alla coppia afferrando la lunga gonna della donna e chiedendo a sua volta qualche moneta. La donna, una signora sulla 45ina dalla chioma scura e dal costoso vestito blu e nero, si volta di scatto a quello che lei considera un affronto e con un rapido e forte strattone sfila la gonna dalle mani della giovane. Poi, con un'espressione indignata, apostrofa la ragazza dandole della "schifosa bestia" mentre osserva quello che probabilmente è il marito farsi avanti dapprima in modo calmo e posato e poi, improvvisamente, esplodere in un impeto di rabbia terribile e senza senso. L'uomo, infatti, che sembrava un distinto nobile dai capelli ingrigiti di circa 50 anni, inizia con incredibile furore e violenza a colpire la giovane con una serie di calci che la abbattono fino a farla accasciare a terra. Non pago, l'uomo continua poi a dare calci allo stomaco della ragazza che, senza fiato, geme di dolore e rantola sul lastricato della strada non riuscendo nemmeno a parlare nè a reagire. I vicini mendicanti osservano tutto ciò in silenzio senza intervenire nè dire nulla mentre la moglie dell'uomo, a quella vista, scoppia a ridere compiaciuta e soddisfatta rimettendosi a posto la pelliccia ed i vestiti. La scena, violenta e crudele, non lascia indifferente il gruppo ma soprattutto Goldrick che, iracondo, raggiunge l'uomo e si getta senza esitazione su di lui per fermarlo. Cadendo a terra, il paladino immobilizza il nobile mentre questo, incredulo e colto alla sprovvista, urla e si dimena inutilmente tentando di divincolarsi e la moglie, preoccupata, grida disperatamente verso Goldrick di lasciar stare il marito. Dopo diversi attimi concitati, alla fine, il paladino si rialza in piedi trascinando con forza il nobile con sè e lasciandolo poi andare. Quest'ultimo, riunitosi con la moglie che gli chiede come si sente, prima cerca di darsi un contegno mettendosi di nuovo in ordine gli abiti e poi lancia un'occhiata furente verso Goldrick. "Lo sapevo", afferma sprezzante sotto i baffi, "non saremmo mai dovuti passare per questi sudici bassifondi. Andiamocene!". A queste parole, senza aggiungere nulla e senza dire niente a Goldrick che intanto li "invita calorosamente" ad andarsene da lì, i due si allontanano e l'uomo, fin quando non sparisce con la consorte dietro l'angolo di una via, continua a fissare il paladino con sguardo di rivalsa e di sfida. Goldrick non presta troppa attenzione a ciò ma anzi si avvicina alla giovane che si sta rialzando da terra dolorante proprio in quel momento. Scortandola un pò più in là tra gli sguardi increduli degli altri mendicanti lì presenti, egli si assicura che stia bene e poi le porge qualche moneta per fare in modo che possa badare a sè stessa per qualche tempo. La ragazza, meravigliata e confusa dall'inaspettato per lei comportamento del paladino, scoppia a piangere per la sua generosità. Goldrick comprende il suo stato d'animo cercando di confortarla ed ella, alla fine calmatasi, accetta l'offerta con grande riconoscenza prima di separarsi dal suo salvatore. Accertatosi della sicurezza della giovane e della positiva conclusione della vicenda, Goldrick si riunisce quindi al resto del gruppo che nel frattempo ha osservato la scena senza intervenire, sicuro del successo del compagno. Così, ora che Karak è intanto riuscito ad aprire la porta d'ingresso, i quattro possono finalmente entrare nell'abitazione. Essa è più piccola e bassa rispetto a quelle circostanti. Le sue pareti est ed ovest sono in comune con altre abitazioni mentre quella nord si affaccia su un piccolo vicolo. La casa consta di due piani e gran parte di quello terra è occupata da un'ampia forgia. Una notevole struttura in pietra, isolata dal resto dell'edificio, e circondata da svariate attrezzature ed utensili utili per il mestiere del fabbro. Infatti, le due vittime erano appunto fabbri, padre e figlio. La forgia è inoltre sovrastata da una sorta di cappa che raccoglie presumibilmente i fumi della fucina e li convoglia su per un ampio camino. Poco a lato, una finestra dal vetro infranto mostra il vicolo retrostante. Finestra dalla quale, dall'ipotesi riportata nei documenti in loro possesso, dovrebbe essere entrato Novak. Sul pavimento, infatti, vi sono ancora svariati frammenti di vetro al di sotto della finestra oltre che carbone, cenere, copiosa fuliggine e numerosissime schegge di legno sparpagliate un pò ovunque. Soprattutto nei dintorni della forgia e dell'enorme mantice lì presente paiono esservi più tracce di questo tipo, con chiari ed evidenti segni di una violenta colluttazione. Ciò sembra confermare la versione sui documenti che sottolinea come Novak, sorpreso da uno dei due fabbri, abbia lottato con esso uccidendolo ed abbia poi dovuto fare altrettanto con l'altro, sopraggiunto in un secondo momento, allertato probabilmente dai rumori della prima colluttazione. Entrambi uccisi per strangolamento. Nonostante infatti il curiosare della Milizia che inevitabilmente ha alterato la scena del crimine, lo sporco ed il disordine sul pavimento tra la forgia, le casse, i barili e le rastrelliere ora quasi vuote, testimoniano le avvenute violente lotte. Controllando più a fondo l'area, tuttavia, il gruppo non trova null'altro di nuovo ed utile alla loro causa, nemmeno curiosando nell'adiacente cucina e nelle due piccole camere al piano di sopra. Esse paiono infatti tutte in apparente ordine a parte i letti non perfettamente rifatti andando ulteriormente a confermare ciò che è riportato nella documentazione che afferma come, in questo caso, Novak non sia probabilmente nemmeno salito al primo piano limitandosi a sottrarre come refurtiva le armi e gli utensili forgiati dai fabbri e posti sulle rastrelliere nella fucina. Così, piuttosto sicuri di non aver nient'altro da approfondire nell'edificio, i quattro lo lasciano diretti all'ultimo luogo del crimine che rimane loro da controllare, precisamente il secondo in ordine cronologico compiuto dal defunto Novak. Uscendo dall'edificio si rendono conto che molti dei mendicanti che si trovavano all'angolo della via dove è avvenuto il battibecco con la coppia di nobili se ne sono andati, segno evidentemente del fatto che temano eventuali ritorsioni da parte dei due abbienti. Ciò rassicura Goldrick, più tranquillo nel sapere che non vi saranno altri soprusi almeno in quella zona del quartiere, e permette al gruppo di proseguire nel loro cammino. Percorrendo quindi altre labirintiche vie nei sudici e disastrati meandri del Quartiere Povero, i quattro si dirigono verso sud ma mentre lo fanno, dopo qualche minuto, realizzano di essere seguiti da alcune figure. Diverse ombre, forse quattro o cinque, si muovono nei vicoli a lato del loro percorso sfruttando l'occultamento e la penombra creati dagli edifici, braccandoli. La disturbante sensazione di sentirsi osservati li allerta ma prestando maggiore attenzione si rendono conto che i loro inseguitori non sono altro che poveracci e straccioni. Gente disperata che pur cercando di passare inosservata nel loro pedinamento, non vi riesce per nulla essendo invece fin troppo individuabile. I loro tentativi di celarsi agli occhi del gruppo, infatti, sono goffi e inutili. La tensione che aveva pervaso i quattro, quindi, a quella realizzazione, si dissipa lentamente. "Abbiamo degli ammiratori", sussurra Karak rivolto soprattutto al paladino, "forse il tuo intervento di prima non è passato del tutto inosservato". Alla luce di ciò, convinto di non correre rischi, il gruppo decide di non dare troppa importanza alla cosa e prosegue nel proprio cammino fino a destinazione. Un alto edificio di tre piani oltre al piano terra, luogo del loro interesse. La bottega dell'erborista Agata, un piccolo negozio privo di insegne, occupante l'intero piano insieme agli alloggi privati della donna. Osservando dalla strada di fronte la struttura, il gruppo realizza che i piani superiori paiono essere abitati a giudicare dai rumori che sentono provenire dalle finestre e dalle urla disperate di quello che sembra un neonato piangente. Pertanto, per non dare troppo nell'occhio e sapendo dalla documentazione che esiste una porta sul retro dalla quale è entrato Novak, i quattro aggirano l'edificio giungendo in un ombroso vicolo cieco retrostante. Qui, di fianco a svariate casse di legno accatastate in un angolo umido, si trova effettivamente una porticina di servizio che, una volta avvicinata, rivela di essere stata forzata. Le sue pessime condizioni e lo stato della serratura che comunque in qualche modo riesce a tenerla chiusa testimoniano un'apertura violenta, probabilmente con un piede di porco. Senza esitazione, il gruppo spinge la porta che non opponendo praticamente resistenza si spalanca di fronte a loro. Un piccolo ingresso si apre oltre di essa, una sorta di magazzino con le pareti occupate da scaffali e mensole oltre ad altre svariate casse poggiate sul pavimento. Sui numerosi scaffali vi sono brocche, bottiglie e caraffe, la maggior parte chiuse con tappi di sughero, piene di erbe, fiori, foglie e steli di ogni tipo, forma e colore. Quando entrano nella stanza per osservare meglio il tutto, i quattro vengono avvolti da una fragranza variegata, un odore piacevole e dolce, sebbene contenente una lievissima sfumatura acre ed aspra. "E' chiaramente la bottega di un'erborista", esclama Karak annusando l'aria, "ma le erbe stanno ormai iniziando a marcire". Così dicendo, il gruppo si sposta al di là di un'altra porta presente nel magazzino ritrovandosi nell'ambiente principale del negozio, là dove i clienti entrano per fare acquisti. Un ampio ed alto bancone li separa dal resto della sala, un bancone sotto e dietro al quale si trovano altri barattoli e caraffe pieni di erbe e fiori ma stavolta in evidente disordine. Molti giacciono infatti buttati a terra, rovesciati o infranti ed il loro contenuto è sparpagliato dappertutto in un gran caos. Ancora una volta, i documenti che parlano del furto da parte di Novak di svariati prodotti della bottega sembrano essere corretti. Pare piuttosto evidente in effetti che qualcuno non troppo esperto e per nulla delicato abbia frugato tra le erbe in cerca di quelle più utili e costose, sottraendone una discreta quantità. Esaminandole con maggiore attenzione, Karak, oltre a discernervi un appena percepibile odore di lavanda, cerca di individare qualche erba che potrebbe rivelarsi utile per loro. Tuttavia non riesce a trovarne nessuna, nè curativa nè di altra sorta realizzando che quelle più conosciute e benefiche sono evidentemente state sottratte e quelle che rimangono sono invece inutili, note solo presso il volgo come erbe dalle lievi proprietà taumaturgiche ed analgesiche ma in realtà niente più che placebo a tutti gli effetti. Nonostante il disappunto per la mancata presenza di qualche erba da poter utilizzare, però, Karak si concentra in particolare sull'odore di lavanda che ha percepito. Un dubbio sorge a quel punto in lui e prendendo nuovamente il sacchetto di velluto ed odorandolo allo stesso modo, la sua idea viene confermata. Anche la piccola sacca infatti ha un leggerissimo odore di lavanda che il lucertoloide aveva in qualche modo incosciamente avvertito. Informati gli altri, la cosa non desta comunque in loro particolari riflessioni. Non è detto infatti che vi sia un collegamento tra i due fatti e non è possibile stabilirlo con certezza. L'unica cosa che può essere conclusa è che la lavanda è un prodotto non comune e relativamente costoso, in linea quindi con il tessuto di velluto del sacchetto. Ma oltre a ciò il gruppo non ritiene vi sia altro da approfondire al riguardo, almeno al momento. Così, proseguono con l'ispezione della casa ma nelle due stanze adiacenti la bottega, costituite da una cucina ed una piccola camera da letto, non trovano nulla di nuovo e di interessante. Per l'ennesima volta, infatti, i documenti sembrano riportare una plausibile e veritiera versione di come si sia svolto il crimine. Il letto che i quattro si trovano davanti è difatti sfatto, le lenzuola sono scostate su un lato in un evidente caos, stropicciate e sgualcite. Lì deve essere avvenuto lo strangolamento dell'erborista Agata, non accortasi dell'effrazione di Novak e sorpresa durante il sonno. Ma il letto è appunto l'unica zona dell'abitazione veramente in disordine. Il resto di essa, oltre al bancone già da loro visionato, non fornisce altri elementi utili per l'indagine. A questo punto, come pianificato, il gruppo si prende alcuni minuti per riflettere e tirare qualche conclusione riguardo le ultime scoperte e l'intera faccenda. Le ispezioni dei luoghi teatro dei crimini di Novak non hanno portato purtroppo a nulla di nuovo per l'indagine oltre alla conferma delle ipotesi riportate sui documenti e solo la visita a casa sua ha determinato la scoperta del sacchetto che però è ancora poco per dare forma ad una teoria che poggi su basi solide. La testimonianza di Todor e la somma di monete d'oro nel sacchetto, molto consistente e fuori portata almeno nel breve termine anche per i proprietari delle botteghe vittime di Novak, costituiscono comunque dei punti di partenza plausibili e validi almeno per tentare un loro approfondimento. Pertanto, vista anche la loro perplessità ed incapacità al momento di collegare efficacemente e razionalmente i crimini di Novak con quelli più recenti sulla Sponda orientale apparendo essi simili per qualche aspetto ma anche diversi per altri, i quattro, augurandosi di rinvenire in questo modo qualche pezzo mancante del puzzle, decidono di scavare più a fondo sulla questione sollevata da Todor e di dirigersi quindi "Al Pozzo Secco", con l'obiettivo e la speranza di estrapolare qualche nuova utile informazione a tale Daniil. Così, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio abbandonano l'edificio incamminandosi verso nord. Ad un certo punto, poche decine di passi dopo, essi incrociano lungo la strada due figure, dirette nella direzione opposta. Tiresio e Karak sono colpiti da esse in quanto entrambe sono imponenti e avvolte in ampi mantelli e cappucci scuri. Sembra che cerchino di non mostrarsi e di passare inosservate ma le loro altezze non le aiutano. Una di esse infatti supera forse i due metri mentre l'altra sfiora il metro e novanta. Oltre a ciò però anche la loro postura ingobbita e l'andatura lievemente ciondolante li rende particolari, talmente particolari da insospettire il ladro che, fissandoli con attenzione, è sicuro di scorgere una coda scagliosa spuntare da sotto il mantello della figura più piccola ed esile delle due. A quel punto, Karak è quasi sicuro che si tratti di due lucertoloidi della sua tribù e, senza esitazione, li chiama da lontano per attirarne l'attenzione. Le due sagome, tuttavia, che hanno già superato il gruppo di una trentina di metri, non rispondono al saluto ed anzi, incuranti di ciò, proseguono il loro tragitto svoltando e scomparendo in un vicolo. Pur perplesso da tale reazione, Karak non demorde desideroso di saperne di più e, informati i compagni della presenza di due suoi simili, li convince a seguirli insieme a lui. Così, i quattro si mettono sulle tracce delle due figure scorgendole di nuovo in una via poco più avanti ed inziando a pedinarle per vederne le azioni. Le sagome, l'una di fianco all'altra, percorrono quindi altre vie, superando una piazza deserta e svoltando poi su per una stretta scalinata di un vicolo. Il gruppo, con Karak in testa, continua a seguirle sebbene il tramonto ormai imminente e le ombre che si allungano tra gli edifici non li aiutino nel farlo. Quando il ladro giunge in cima al vicolo dove ha visto sparire i due, non trova però nessuno ed anzi la strada si biforca in altre due vie secondarie che fanno sorgere il dubbio al lucertoloide su come proseguire. Proprio mentre egli si sta interrogando sul da farsi ed i suoi compagni si trovano ancora ai piedi della scalinata diversi metri più indietro, una figura appare alle sue spalle come dal nulla e, prima che lui possa reagire, lo colpisce fulmineamente alle gambe con quella che pare una coda facendogli perdere l'equilibrio e facendolo cadere rovinosamente a terra. Contemporaneamente, un'altra figura appare sulle scale di fianco a Lucien e Tiresio, saltata giù da uno dei tetti degli edifici vicini. Essa, enorme ed imponente, in pochi istanti, prima intrappola ed immobilizza al suolo il warlock in quella che pare una grande rete da pesca e poi si concentra sul bardo afferrandolo con un braccio per il collo e sollevandolo da terra. Entrambe le figure vengono subito riconosciute dal gruppo che non tarda a realizzare come si tratti dei presunti lucertoloidi conoscenti di Karak, le due sagome che hanno seguito fin lì. Entrambe, però, rimangono nascoste sotto i propri mantelli non rivelando il loro aspetto ma soltanto le loro notevoli capacità furtive e di combattimento. La possente figura che tiene Tiresio per la gola usando solo un braccio, tuttavia, a parte la sua forza disumana, mostra anche una pelle verdastra e scagliosa molto simile a quella di Karak. Mentre Lucien e Tiresio sono impotenti e Goldrick, attardatosi, osserva la scena da lontano cercando di precipitarsi il più velocemente possibile dai compagni, il volto di Karak, fino ad allora sempre ben coperto dal cappuccio, cadendo a terra si rivela. La figura che lo fronteggia, la più esile delle due ed armata di affilati pugnali, a quella vista sembra fermarsi di colpo, abbandonando la posizione di combattimento e risollevandosi sulle ginocchia. Poi, con un sussurro, essa rivolge al ladro un'unica parola carica di perplessità e stupore. "...Karak...?!".
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Goldrick Olzanik
Karak
Tiresio
Data Rapporto
14 Nov 2023
Luogo Primario
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