Sessione 28 - La dimora di Novak
I Protagonisti cercano di ottenere un colloquio con la figlia del contadino...
General Summary
Sperando di ottenere qualche altra utile informazione sull'indagine, il gruppo, con Goldrick in testa, chiede al mezzadro di poter parlare con la piccola figlia, testimone del misterioso avvistamento. L'uomo, visibilmente irritato per essere stato interrotto durante la sua attività nei campi, si dimostra burbero e scontroso, affermando di non voler esporre la sua bambina più di quanto abbia già fatto. Il contadino, infatti, teme possibili conseguenze e rappresaglie per la sua famiglia da parte del colpevole degli omicidi qualora dovesse spargersi la notizia della testimonianza della figlia ed oltretutto non vuole, nonostante le insistenze del paladino, avere a che fare con degli sconosciuti che non fanno nemmeno parte della Milizia. A quel punto, Lucien decide di intervenire in prima persona provando a convincere il mezzadro con un atteggiamento più pacato e morbido di quello del compagno. Utilizzando il fascino e l'eloquenza fornitigli dal suo Patrono, il warlock si rivolge all'uomo con fare calmo ma deciso. Proprio mentre parla, tuttavia, Lucien avverte qualcosa di strano. Una forza, dentro di lui, inizia a prendere forma, divenendo sempre più imponente. Una forza sconosciuta e dirompente che, come una mareggiata inarrestabile, travolge il warlock e lo sommerge. Egli si sente quasi sopraffatto ma poi, in qualche modo, facendo appello a tutte le proprie forze ed alla propria incrollabile volontà, Lucien riesce ad arginare quella forza e ad incanalarla per essere usata per ciò che egli desidera. Convincere quell'uomo. Fare che obbedisca e che si pieghi alla sua volontà. In quel frangente, Lucien viene quindi pervaso da un'unica sensazione. La sensazione che domare quella forza gli ha trasmesso. Una sensazione di autorità. Autorità su quel contadino che, infatti, subito dopo, viene definitivamente convinto dalle parole del warlock. Così, pochi attimi più tardi, il mezzadro conduce il gruppo nella sua abitazione dove, anche alla presenza della madre convinta e rassicurata a sua volta dal contadino, i quattro possono finalmente parlare con la piccola Almira. Ancora una volta è Lucien a prendere la parola, cercando per il momento di lasciare da parte l'inspiegabile episodio appena accadutogli e l'inquietudine che ciò sta facendo sorgere nella sua mente e pensando invece a cosa di importante deve ora essere fatto. Rivolgendosi alla bambina con la massima gentilezza e calma possibile, Lucien, alla presenza dei genitori, riesce a far parlare la timida Almira. Tuttavia, le informazioni che ella fornisce sono quelle già in loro possesso grazie a Petrov ma è proprio alla fine del loro colloquio, quando il warlock chiede alla piccola se ha sentito qualcosa oltre che visto la figura entrare nella boscaglia, Almira, con una voce appena sussurrata, risponde di aver sentito quella stessa figura fischiettare qualcosa. Un motivo che la bambina prova, inutilmente, a replicare. Grazie al buon orecchio di Tiresio, però, il bardo riesce da quel poco a capire le tonalità ed il ritmo del fischio e a riproporlo correttamente, trovando il sorriso di assenso di Almira. Il motivetto così "recuperato" risulta essere una melodia lenta e malinconica, che Tiresio non riconosce di aver mai sentito prima. "Potrebbe essere una canzone di nicchia e talmente vecchia da essersi persa nel tempo ed essere ora conosciuta solo da pochissimi", riflette il bardo a voce alta, "oppure si tratta di qualcosa di assolutamente originale e recente, anche in questo caso noto a pochi...". Nonostante i dubbi e le perplessità in proposito, il gruppo si dice comunque soddisfatto di aver ottenuto un altro possibile indizio, per quanto la sua veridicità ed importanza possano essere discutibili, e decide quindi, non avendo più altro da chiederle, di ringraziare Almira e la sua famiglia e di congedarsi, non prima però di aver ribadito loro il proprio impegno nel fare in modo che la figura vista dalla bambina, molto probabilmente il responsabile degli omicidi avvenuti sulla Sponda orientale, venga fermata il prima possibile, impedendole di compiere atti ritorsivi verso i contadini. Allontanandosi perciò dalla fattoria, i quattro decidono di recarsi nuovamente da Petrov, rimasto alla casa di Morna, per informarlo degli sviluppi e ricevere magari qualche nuova notizia. Nel tragitto, Lucien ritorna inevitabilmente con la mente a quanto gli è accaduto poco prima. Non riuscendo però a darsene una spiegazione anche perché la cosa non pare essere legata in alcun modo al suo Patrono, il warlock sceglie di non rimuginarci oltre e di accantonarla, almeno fino a quando non ne avrà un'idea più chiara. Altre cose, al momento, sono per lui più importanti e destano in lui più preoccupazioni e pensieri. L'indagine, ovviamente. Così, la sua mente, quantomeno nelle sue intenzioni, è di nuovo sgombra e concentrata sulla loro ricerca quando poco dopo i quattro incontrano di nuovo Petrov all'esterno della fattoria della defunta Morna. Qui essi raccontano al sergente delle impronte e dello strano pezzo di stoffa odoroso di fogna forse appartenente al colpevole rinvenuti nel bosco ma la reazione di Petrov, per quanto positiva, non è buona come se l'aspettavano. L'ufficiale infatti ammette che, a parte le impronte, il frammento di stoffa costituisce una prova fin troppo generica e vaga, senza contare l'odore da essa emanato. "Ammesso che si tratti veramente di fognature", conclude il sergente, "sebbene si trovino solo nella parte antica della città, e cioè nella zona che va grossomodo dal Castello fino ai Giardini degli Dei, esse occupano un'area comunque troppo vasta da prendere in considerazione...". Seppur delusi da ciò, i quattro ricevono tuttavia da Petrov anche degli aggiornamenti potenzialmente utili su quanto gli avevano chiesto. Il sergente infatti li informa che, dopo aver compiuto alcune ricerche, è venuto a sapere che mentre le fattorie, con i terreni annessi, di Morna e di Klaus e Leena andranno alla città in quanto i defunti non hanno parenti noti che possano ereditarle e successivamente le autorità provvederanno a rivenderle ad eventuali acquirenti, la proprietà di Sev, Bojana e Miran andrà al fratello maggiore di Sev, che gestisce una bancarella di frutta e verdura al Grande Mercato. Preso nota di tali informazioni, il gruppo si separa quindi da Petrov dopo che il sergente si dice indaffarato in alcune incombenze, con la promessa di tornare ad aggiornarsi reciprocamente in caso di novità. I quattro decidono tuttavia di non mettere al corrente Petrov del particolare rivelato loro da Almira riguardo al fischiettare del presunto colpevole. Per il momento infatti vogliono tenere per sè almeno una scoperta potenzialmente importante poiché, vista l'abilità con cui l'omicida si muove sulla Sponda orientale, i loro sospetti ricadono a questo punto anche sulla Milizia e persino sul sergente stesso e, a causa delle loro precedenti e recenti esperienze, preferiscono non fidarsi completamente di nessuno. Tiresio, però, decide di mettere alla prova Petrov intonando il motivetto che ha appreso mentre il sergente si allontana da loro. La mancata reazione dell'ufficiale che non si cura minimamente del fischiettìo dirigendosi verso nord come se nulla fosse rincuora il gruppo, inizialmente sorpreso dall'ardire del bardo ma poi rasserenato dal suo esito. Pertanto, traendo un sospiro di sollievo e con un dubbio in meno a preoccuparli, i quattro si attengono al piano stabilito prendendo le zattere per tornare all'interno delle mura cittadine. Durante il tragitto sulle acque sporche e fangose ma anche lente e silenziose del Vasha, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio decidono però di cambiare i loro immediati propositi. Chiedere a Pavlic una mappa delle fogne è forse prematuro ed inutile vista anche la loro notevole estensione in base a quanto detto da Petrov e la mancanza di una reale ed affidabile indicazione su dove cercare. Pertanto, in attesa di possibili nuovi sviluppi su quel fronte, il gruppo decide di non incontrare Pavlic lasciando quindi la questione della mappa in sospeso e di procedere invece subito verso i tre luoghi d'interesse che aveva già intenzione di controllare. I primi due luoghi dei crimini di Novak e l'abitazione di quest'ultimo, iniziando proprio da essa. Così, i quattro, raggiunta l'altra riva del fiume, attraversano tutta la città per raggiungere il limite settentrionale del Quartiere Povero, là dove è segnalata sui documenti in loro possesso la locazione della casa di Novak. Lungo la strada, in una cittadina fredda ed umida ma comunque in movimento dopo la tempesta della notte, attraversano una parte dei moli, gran parte del Quartiere delle Gilde e costeggiano anche il Grande Mercato dove, nel caotico via vai di popolani e mercanti intenti a fare affari, assistono tra l'altro al furto di una semplice mela ai danni di una bancarella. Quello che all'inizio sembra loro un bambino, si rivela essere invece un halfling, la razza, sebbene in grandissima minoranza, più diffusa in quelle terre dopo gli umani, il quale sottrae la mela e poi fugge in un vicino vicolo facendo perdere le sue tracce. L'evento, se ce ne fosse stato bisogno, ricorda ai quattro la condizione di povertà e miseria in cui vive buona parte della popolazione rappresentando però soltanto un piccolo esempio di ciò che molti abitanti di Sturben devono patire. Quando pochi minuti dopo, infatti, il gruppo si lascia alle spalle il Mercato e l'ampia strada d'ingresso a Sturben con le sue bancarelle per addentrarsi nel Quartiere Povero, ciò torna ad essere fin troppo chiaro ed evidente. Pur avendo già visto lo stato di quella parte della città nella loro precedente visita, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio non possono non rimanere ancora una volta impressionati da quello che si para davanti i loro occhi. E stavolta, oltre alle condizioni precarie, fatiscenti ed in stato di abbandono degli edifici tutt'intorno a loro, sono soprattutto i numerosi mendicanti ai lati delle strade e agli angoli di vicoli ad attirare la loro attenzione. Decine di persone, di ogni età, sedute sul lastricato bagnato, scalze e vestite di stracci luridi, strappati e puzzolenti, imploranti qualche moneta per poter sopravvivere un altro giorno. Mentre si muovono tra di essi, Karak si ferma per un istante, trattenuto per il mantello da un vecchio dall'aspetto debole ed emaciato, con i capelli e la barba lunghi, bianchi e scompigliati e le braccia e il volto sporchi di fango. L'uomo supplica il lucertoloide di donargli anche solo una moneta ed il ladro, dopo essersi mostrato per ciò che è da sotto il proprio cappuccio, concede al vecchio quello che chiede. Quest'ultimo, nonostante l'iniziale paura provata alla vista della vera natura di Karak, si getta poi a terra sulle monete, raccogliendole disperatamente e con affanno, incurante di tutto il resto. Il lucertoloide continua ad osservare la scena anche mentre si allontana insieme ai compagni, compiaciuto per aver aiutato quell'uomo ma al tempo stesso rattristato nel vedere tutte quelle disperazione, sofferenza e miseria. Inevitabilmente i suoi pensieri e quelli degli altri rimangono ancorati su di essa anche continuando a spostarsi nel quartiere fino a raggiungere la loro destinazione. Solo allora, di fronte al grande edificio a quattro piani che era casa di Novak, essi tornano a concentrarsi sulla propria indagine. Così, dopo aver dato una rapida occhiata all'area desolata circostante la struttura, precaria e malmessa, i quattro superano il portone d'ingresso semiaperto e dall'aspetto sporco e trascurato ed entrano nell'edificio. Una voltà lì, realizzano che si tratta di un ambiente nel quale ogni piano ospita di fatto una singola piccola abitazione forse di due o tre stanze ciascuna e che una scalinata sulla sinistra dell'atrio che si arriccia su se stessa conduce ad ogni piano. Pertanto, superata la prima "casa" sulla destra con una piccola porta chiusa, il gruppo percorre le scale piano dopo piano, lasciandosi alle spalle altre dimore disabitate ed in rovina più o meno visibili dai vari pianerottoli grazie a porte in parte danneggiate o sfondate, giungendo infine all'ultimo piano. Qui, a differenza dei piani precedenti, vi sono due abitazioni. Una con l'ingresso sulla destra vicino al pianerottolo delle scale, l'altra in fondo al corridoio sulla sinistra, qualche metro più avanti. Quest'ultima è proprio la dimora di Novak. Così, in un edificio che i quattro danno ormai per certo essere disabitato, si portano di fronte all'entrata della casa del defunto. La scritta "Non entrare" verniciata sulla malmessa porta in legno non ferma il gruppo e non lo fa nemmeno la chiusura a chiave della stessa. Karak, infatti, impugnati i suoi arnesi da scasso, si mette subito all'opera per aprire la porta. Mentre i compagni attendono pazientemente lì accanto, tuttavia, solo Tiresio si rende conto che adesso una figura ammantata ed incappucciata di scuro li sta osservando dall'altra estremità del corridoio. Immobile sul pianerottolo delle scale, quello che sembra un uomo di media stazza pare scrutarli per capire chi siano e cosa stiano facendo. Vista la presenza di una finestra alle sue spalle, il suo volto, per Tiresio che lo fissa dal fondo del corridoio, è avvolto dalle ombre e pertanto non distinguibile. I pochi istanti in cui i due si osservano immobili e silenziosi sono subito seguiti dal movimento repentino della figura che fa per voltarsi di scatto e scendere le scale. Il bardo, avvisando i compagni ancora ignari di tutto, prova a fermare l'uomo con uno dei suoi incantesimi ma esso riesce a sfuggirgli, lanciandosi giù per le scale alla massima velocità. Il comportamento e la reazione della figura insospettiscono il gruppo che quindi, credendo possa trattarsi di un'occasione da cogliere sebbene non abbiano la minima idea in che cosa essa consista, si mettono a loro volta all'inseguimento dell'uomo con l'obiettivo di fermarlo, fargli qualche domanda e capire chi è e cosa voglia. Mentre Tiresio anticipa tutti mettendosi alle calcagna della figura ed anche Lucien e Goldrick fanno altrettanto, Karak, incurante dell'altezza e del pericolo, si lancia dalla finestra del corridoio cercando di anticipare tutti al piano terra. Nonostante le sue capacità, però, la distanza con l'edificio di fianco è consistente oltre a non avere appigli che possano aiutarlo ad aggrapparsi e perciò, non riuscendo a fermarsi, il lucertoloide si schianta prima contro il muro del vicino edificio e poi precipita al suolo. Solo in parte riesce ad attutire la caduta e quando raggiunge il terreno, le ferite riportate, comunque non eccessive anche per via dei vetri infranti della finestra, lo costringono a doversi fermare per qualche attimo per riprendersi da esse e dal disorientamento causato dall'impatto. Nel frattempo, una voce illusoria creata da Lucien nei pressi dell'ingresso del piano terra distrae il fuggitivo che, impaurito, prende un'altra via abbattendo la porta della casa accanto con una spallata e cercando da lì una via di fuga. Il tempo così perso, però, favorisce gli inseguitori ed in particolare Tiresio che, avendo di nuovo una buona visuale dell'uomo, riesce stavolta con il suo incantesimo a bloccarlo proprio mentre questo sta scavalcando una finestra. Completamente inerme, la figura, adesso alla mercè del gruppo, non può far altro che osservare immobile i quattro riunirsi intorno a lei e legarla con una robusta corda per impedirle la fuga. Poi, Tiresio scioglie l'incantesimo e contemporaneamente Goldrick ne usa uno in grado di stabilire se e quando chi sta parlando mente. Così il gruppo si prepara ad un vero e proprio interrogatorio mentre l'uomo, tolto il cappuccio, si rivela essere un popolano qualunque a loro sconosciuto. Sebbene all'inizio egli si dimostri offensivo e per niente propenso a collaborare, l'insistenza del gruppo e le velate minacce di Karak che si mostra all'uomo per incutergli timore, lo costringono alla fine a vuotare il sacco. Todor, così ammette di chiamarsi, è solo uno dei tanti poveracci della città che, sentite alcune voci che parlavano di come Novak avesse nascosto da qualche parte il suo "tesoro", è giunto lì con la speranza di scovarlo. "Ora che le acque si erano calmate dopo la morte di Novak, credevo che non avrei incontrato nessuno qui", afferma il 34enne. Incuriositi da ciò, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio non rispondono e non si curano delle domande di Todor che chiede loro chi siano anche se poi l'uomo deduce a voce alta di averne un'idea, ma lo incalzano invece con altre domande. Grazie ad esse vengono a sapere che il tesoro a cui Todor fa riferimento non è la refurtiva dei primi due crimini di Novak che non è stata mai trovata bensì un ipotetico pagamento che l'assassino avrebbe ricevuto da un misterioso mandante per uccidere specificamente le sue vittime, mascherando poi il tutto come dei furti sfociati nel sangue. Inevitabilmente, la cosa attira l'attenzione del gruppo dando seguito ad alcune ipotesi investigative riportate sui documenti e sorte effettivamente anche nelle loro menti durante l'indagine. Il gruppo quindi prosegue con l'interrogatorio su quella strada venendo a sapere che tali voci sono giunte all'orecchio di Todor soprattutto a causa di un certo Daniil, un vecchio ex-proprietario di una bancarella al Grande Mercato ed ora assiduo frequentatore della vicina taverna "Al Pozzo Secco", poche decine di metri a sud di lì. Non è noto come e perché Daniil ne sia a conoscenza, nè tantomeno se quest'ultimo ne sappia ancora di più, ma egli spaccia per vere tali voci e la cosa viene creduta da molti visto che, sebbene non siano mai stati visti insieme, anche Novak frequentava la stessa taverna. "Non so altro", ammette Todor tossendo rumorosamente e profondamente, "neanche io conoscevo Novak, nè Daniil. So solo il loro aspetto...". A quel punto, però, lo strano tossire dell'uomo insospettisce Goldrick che, con una domanda diretta e a bruciapelo, capisce di aver fatto centro. Todor confessa infatti di essere gravemente malato e che non gli resta molto da vivere. "Il tesoro di Novak mi sarebbe servito per tirare avanti qualche altra settimana", conclude tristemente, "ma soprattutto lo avrei lasciato per i miei , i compagni di sventura che vivono per la strada come me...". Mosso a pietà da tali parole, anche se informato del fatto che alcuni curatori del Signore del Mattino della città hanno comunicato a Todor che per lui non c'è più niente da fare, Goldrick tenta ugualmente di guarire l'uomo grazie alle sue arti mediche. Così, il paladino si concentra ed imponendo il suo tocco sacro trasmette al malato un'intensa energia benevola che lo pervade completamente. Qualche istante dopo, Todor sgrana gli occhi impietrito mentre inizia a respirare a pieni polmoni, realizzando di poter fare ciò che fino a poco prima non poteva. Incapace di aprir bocca per lo stupore e la meraviglia, l'uomo si calma definitivamente. Il gruppo decide quindi di liberarlo dalla corda che lo imprigiona volendo impostare con lui un dialogo più costruttivo. Mentre i quattro, osservandolo bene ed in virtù dell'efficacia dell'incantesimo di verità di Goldrick, si trovano senza alcun dubbio a credere alle parole di Todor escludendo la possibilità che egli possa essere la figura avvistata da Almira e quindi il presunto colpevole degli omicidi sulla Sponda orientale, l'uomo cambia atteggiamento, facendosi pienamente collaborativo in virtù della riconoscenza che ora lo lega a loro. Ribadendo quanto detto fino a quel momento, egli indica precisamente al gruppo dove si trova la taverna "Al Pozzo Secco" nonché l'aspetto approssimativo di Daniil e poi, dopo aver ricevuto da loro anche qualche moneta, prende l'impegno di divenire il loro informatore. "Sarai i nostri occhi qui nel Quartiere Povero", gli spiega Tiresio, "osserva bene cosa accade di strano e insolito e poi riferiscicelo quanto prima. Puoi trovarci a L'Ultimo Braciere". Todor, annuendo, in parte incredulo e confuso per ciò che è successo non riuscendolo forse ancora del tutto a realizzare, saluta quindi il gruppo mestamente congedandosi da loro. A questo punto, rimasti di nuovi soli, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio lasciano per il momento da parte le informazioni appena apprese ed i ragionamenti a tal riguardo per dirigersi nuovamente alla casa di Novak all'ultimo piano volendo prima portare a termine la loro ispezione. Entrando quindi nell'abitazione dopo che il ladro ne apre la serratura, trovano un ambiente ammuffito ed in rovina, composto da sole due stanze. Una più grande, all'ingresso, ed una più piccola adiacente. Dire che cosa fossero però, è quasi impossibile visto che sono completamente vuote, fatta eccezione per qualche pezzo di mobilio ed alcune sedie, in parte danneggiate, sparpagliate a terra un pò ovunque. La casa è stata completamente privata di qualunque cosa ed è chiaro come la Milizia l'abbia rastrellata. Tuttavia, il gruppo decide di controllarla ugualmente palmo a palmo. Così, mentre danno occhiata in giro, si rendono conto che, nella stanza più piccola, un asse del pavimento particolarmente più rumoroso all'essere calpestato non sembra fissato ed inchiodato con la stessa precisione degli altri. Parlare di precisione in un ambiente e in un quartiere del genere è alquanto strano e forse è proprio per tale motivo che la Milizia non ha approfondito la cosa, ma l'oculatezza e l'intuito del gruppo li spingono a voler controllare anche quell'apparentemente insignificante particolare. La loro perizia li premia quando pochi minuti di lavoro più tardi trascorsi a scostare l'asse, scoprono, in un stretto incavo impolverato al di sotto del pavimento, un piccolo sacchetto. Estraendolo e mostrandolo agli altri, Karak rivela che si tratta di un sacchetto di velluto viola il cui contenuto tintinna al movimento, chiuso da un legaccio di pelle rossa. E' evidente a tutti che quel tessuto, il velluto, è molto raro e costoso e quindi è praticamente impossibile da trovare in un luogo come quello, oltretutto in possesso di uno come Novak, a meno che qualcuno di abbiente non ce l'abbia in qualche modo fatto arrivare. Inevitabilmente, in quel momento, le parole di Todor tornano alla loro mente ed il pensiero che effettivamente il sacchetto possa contenere il tesoro di Novak inizia a questo punto a farsi decisamente più concreto in loro e lo diviene ancora di più quando, pochi attimi dopo, il ladro apre la piccola sacca lasciandone cadere sull'altra sua mano il contenuto. I quattro, infatti, si guardano negli occhi con espressione in parte compiaciuta ed in parte ancora più interrogativa mentre una miriade di monete d'oro scivola tintinnando fuori dal sacchetto...
Personaggi con cui si ha interagito
Almira, Sergente Petrov e Todor
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Karak
Tiresio
Data Rapporto
07 Nov 2023
Luogo Primario
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