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Memorie Sbiadite

Tratto da Sessione 23: Dimenticare

L’umidità è pesante nell’aria di questa caverna sotterranea. Gocce si addensano sulle irregolarità del soffitto fino a cadere nelle pozze nel pavimento frastagliato. Nell’aria c’è odore di zolfo, mischiato a qualcosa di metallico, ferroso. Un elfo dai capelli biondissimi siede, legato alla cruda imitazione di uno scranno, testa penzolante. Il gocciolare del suo sangue si mischia al gocciolare dell’acqua che cade dal soffitto.   Una figura si avvicina, emergendo dalle ombre dove deve esserci un passaggio: è una mezzelfa con corti capelli neri e un’armatura leggera, completamente disarmata. Si avvicina all’elfo e gli dà un colpetto con il piede per valutare il suo stato di coscienza.   All’improvviso l’elfo scatta in avanti, quasi rovesciando la sedia nell’impeto del movimento.   La mezzelfa fa un passo indietro, uscendo dalla sua portata, e scuote la testa. “Di nuovo?” chiede, un accenno di esasperazione nella sua voce.   Dargan sbuffa una risata, tornando a sedersi propriamente appoggiandosi allo schienale. “Di nuovo qui? Non hai proprio niente da fare.”   “Solo tenerti in vita,” replica lei, tirando fuori una fiala piena di un liquido scuro. Nella quasi totale oscurità della grotta è difficile scorgere qualunque dettaglio. “Dai, forza.”   Con un altro sbuffo e un colpo di tosse raspante, Dargan si raddrizza e si sporge lievemente, accettando di bere i contenuti della fiala senza proteste. Finisce di bere, fa un paio di colpi di tosse, e osserva la donna con un paio di luccicanti occhi dorati. “Quindi? Che facciamo?” Il suo tono è beffardo, noncurante, come se il suo corpo non fosse ricoperto di ferite in vari stadi di guarigione.   “Si stanno stancando di te, sai.”   “Bene. Me la taglierai tu la gola? Non mi sembrano i tipi da sporcarsi le mani.”   “Questo è vero, ma non penso abbiano finito.”   Un accenno di denti, un sorriso affilato. “Vuoi farmi un’anticipazione?”   La mezzelfa scuote la testa. “Non lo so. Te l’ho detto, ti conviene parlare.”   “Non avrete niente da me.”   “Allora non posso fare niente.” La donna sospira, una scintilla di qualcosa simile all’empatia nella sua espressione. “Arrivederci, Dargan.”   “A dopo.” Di nuovo noncurante, Dargan si sistema sulla sedia il più comodamente possibile. E attende.  
  La luce è lievemente aumentata ora, grazie alla lanterna posata sul pavimento. Ci sono due persone oltre a Dargan: un elfo ben vestito in una tunica nera e rossa, che tiene in mano un libro rilegato in pelle e una penna lunga ed elegante, e la mezzelfa. Quest’ultima è armata, questa volta, e si tiene un passo dietro l’elfo, ben fuori dalla portata di Dargan.   “Vogliamo andare avanti?” chiede l’elfo a un Dargan ansimante e quasi accasciato sulla sedia. “O meglio, indietro?” Sfoglia il libro, un sopracciglio inarcato con malevolo divertimento. “Cosa dovremmo togliere?”   Sorride, una smorfia piccola e affilata. “Il vostro ultimo incontro? Il giorno in cui vi siete fidanzati? Oppure quando vi siete scambiati le armi?”   “Sei un bastardo.” La voce di Dargan è bassa, roca. Piena di rabbia e odio e rancore. “Dovevi essere fedele!”   “Sono fedele al vero Re di Darkon,” ribatte l’elfo senza scomporsi. “Dimmi dove si trova la corona, e i tuoi peccati verranno perdonati. Ti permetterò persino di tenere i tuoi ricordi…”   Tutto ciò che l’elfo ottiene in risposta è un ringhio furioso e degli insulti irripetibili.   L’elfo non sembra turbato od offeso. Al contrario, c’è una certa trepidazione nel mucchio in cui riprende a sfogliare le pagine fino a fermarsi circa a metà libro. “Mmh.” Solleva la penna. “La serata sul lago… è quando ti sei reso conto di esserti innamorato di lui, non è vero?”   Dargan si scaglia in avanti, corde che quasi si spezzano per la forza del suo scatto. Nello stesso momento, l’elfo tira una riga netta sulla pagina; nonostante non abbia intinto la penna nell’inchiostro, la linea nera sembra quasi risplendere nel buio per un istante. Sotto di essa, le parole della pagina sbiadiscono e diventano opache.   “No, no.” Dargan ricade pesantemente in avanti, scuotendo la testa. “Bastardo…”   “Ci stai costringendo a fare molto lavoro, solo per te.” Senza sollevare lo sguardo su Dargan, l’elfo tira altre righe su altre pagine. “Possiamo risparmiarci tutto questo, Soral…”   “Non lo so dov’è la tua cazzo di corona!” grida Dargan sollevando il viso rigato di nuove lacrime. “Non lo so, va bene?! Re Azalin si è assicurato che non sapelli i dettagli-”   “Quello che sai è abbastanza.” Un’altra linea secca, e Dargan emette un grido che si evolve in un singhiozzo strozzato. “Voglio solo la tua collaborazione, Soral. Ora, se tu non avessi resistito così testardamente ai nostri incantesimi, noi non ci troveremmo a fare questo. Lo capisci che potevamo evitarlo?”   Dargan si limita a stringere i denti e ansimare per un lungo tempo. “Non avrai niente da me,” dichiara infine, con rassegnata finalità. “Niente, hai capito?”   Un lento sorriso si allarga sul volto dell’elfo. “Vorrà dire che andremo avanti.” Fruscio di pagine. Alle sue spalle, la mezzelfa sembra star faticando a mantenersi impassibile. “Cinquant’anni di conoscenza sono lunghi del resto… e quando avremo riempito questo libro di inchiostro, sono certo che troveremo il modo di reindirizzare tutta quella lealtà che ti ritrovi ad una fonte più valida…” Un’altra linea nera e luccicante.   Davanti all’elfo, Dargan grida nuovamente mentre un frammento del suo cuore viene cancellato.
Visione ottenuta dai ricordi di Gillespie, grazie all'artefatto del mago divinatore Lescion Oakenheart di Sidnar.   Grazie a questi ricordi si intuisce il motivo per cui Dargan Nestor non ha più alcun ricordo del suo promesso sposo Lucian.
La mezzelfa Gillespie:
  L'elfo che stava torturando Dargan:

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